La protezione giuridica del vino prevista dagli accordi Trips

Venticinque anni fa entrava in vigore uno dei più importanti e lungamente discussi allegati al trattato istitutivo della Wto (World Trade Organization). Oltre a trasformare quello che fino a quel momento era stato un accordo internazionale (il Gatt) in una vera e propria istituzione internazionale (l’Organizzazione mondiale del commercio) con i suoi uffici, la sua burocrazia e soprattutto l’inedito sistema di soluzione delle controversie tra Paesi, tutto il mondo volle mettere in uno schema comune la protezione dei diritti intellettuali.

Trips, infatti, è l’acronimo che indica i trade-related aspects of intellectual property rights su cui si addivenì, finalmente, per dare riconoscimento e standard minimi comuni, a livello internazionale, alla protezione delle invenzioni (marchi, brevetti, opere dell’ingegno in genere), ma anche indicazioni geografiche. Per il mondo del vino l’accordo Trips è di primaria importanza, anche se spesso un po’ misconosciuto. In misura particolare, infatti, sono alcune delle norme in esso contenute ad avere determinato alcune delle più rilevanti scelte politiche degli ultimi decenni, fra cui la nascita della doc interregionale Prosecco.

ARTICOLO 22 – PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE

Comma 1. «Ai fini del presente accordo, per indicazioni geografiche si intendono le indicazioni che identificano un prodotto come originario del territorio di un Membro, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica». Comma 2. «In relazione alle indicazioni geografiche, i Membri prevedono i mezzi legali atti a consentire alle parti interessate di impedire: a) l’uso nella designazione o presentazione di un prodotto di ogni elemento che indichi o suggerisca che il prodotto in questione è originario di un’area geografica diversa dal vero luogo d’origine in modo tale da ingannare il pubblico sull’origine geografica del prodotto; b) qualsiasi uso che costituisca un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 10bis della Convenzione di Parigi (1967)».

È di particolare importanza ricordarlo: tutte le protezioni internazionali, a livello europeo e poi mondiale, ineriscono sempre e solo dei nomi. Non esistono tecniche ancorché tradizionali che possano essere protette come proprie di un territorio (a meno che non si tratti di innovazioni coperte da brevetto) né, come vedremo, si possono vincolare a un territorio dei vitigni.
Quindi, per esemplificare, non si può impedire che qualcuno pianti Corvina in Argentina, la raccolga e faccia appassire su graticci per poi trasformarla in vino: ciò che si può proteggere contro l’uso ingannevole è solo l’impiego del nome «Amarone», che proprio per godere di questa protezione oggi non è più come fino a dieci anni or sono, una semplice menzione aggiuntiva, propria della doc Valpolicella, ma è diventata una doc autonoma, quindi protetta nel quadro delle indicazioni geografiche secondo il dettato dell’accordo Trips. Analoga logica è stata seguita creando il toponimo Chiaretto per superare l’uso di questa parola come semplice menzione aggiuntiva della doc Bardolino, mutandola in indicazione geografica. Naturalmente rimangono dubbi di natura ermeneutica rispetto a questo uso delle norme: quando infatti i luoghi vengono creati, l’indicazione geografica che su di essi poggia può correttamente ambire alla stessa tutela assicurata da nomi di lunga tradizione? In buona sostanza: la toponimia alla base del concetto di ig può essere modellata costantemente dalle autorità competenti nei singoli Stati, oppure questo esorbita dallo spirito dell’accordo Trips?  Le risposte a questi e altri quesiti su…

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2019
La protezione giuridica del vino prevista dagli accordi Trips
di Michele Antonio Fino
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