Pomodoro da mensa biologico

In controtendenza rispetto all’andamento della filiera, sta notevolmente crescendo la coltivazione del pomodoro da mensa biologico che a livello nazionale ha segnato un notevole incremento della superficie coltivata.

Il pomodoro da mensa biologico, infatti, registra importanti differenziali di prezzo se paragonato alle coltivazioni convenzionali. Davanti a una domanda di mercato (Gdo) in aumento, molti agricoltori hanno deciso di dedicarsi alla coltivazione biologica di questa solanacea, ampiamente apprezzata e richiesta anche dal mercato interno. Il comparto del pomodoro da mensa biologico interessa e appassiona soprattutto i giovani che, grazie ai percorsi universitari in materie agrarie, riescono a intercettare e perfezionare tecniche di coltivazione all’avanguardia. È il caso di Antonio Bassan, giovane agricoltore della provincia di Udine (Friuli Venezia Giulia), che è riuscito ad applicare sul campo le conoscenze apprese durante gli studi e il dottorato di ricerca, ottenendo ottimi risultati nell’ambito delle produzioni biologiche. Socio della cooperativa padovana «El Tamiso», da oltre un decennio è specializzato (principalmente) nella coltivazione di ortaggi, destinati soprattutto al mercato interno. Tra le produzioni di spicco dell’azienda Bassan si distingue certamente quella del pomodoro da mensa (cuore di bue, datterino e insalataro), coltivato in serra rigorosamente con metodi bio. Ma capiamo meglio come funziona.

Il pomodoro da mensa biologico rappresenta una risorsa per il sistema orticolo italiano?

Certamente. L’Italia è l’orto dell’Europa e il pomodoro è uno dei nostri principali biglietti da visita. A differenza dei Paesi Bassi, ad esempio, l’Italia può contare su una condizione climatica ideale per la produzione del pomodoro, grazie alla massiccia presenza di sole tutto l’anno. Il pomodoro, infatti, è una coltivazione che si avvantaggia in modo particolare delle radiazioni solari, che consentono alla pianta di potenziare le proprietà qualitative delle bacche. Dal canto suo, il metodo biologico accentua ulteriormente queste proprietà e facilita la produzione di zuccheri, vitamine e fotosintetati che vengono stoccati all’interno del frutto. Lo fa sottoponendo la pianta a «stress» controllato. Mi spiego meglio: a differenza della coltivazione convenzionale, nel bio la pianta è maggiormente impegnata a produrre vitamine e antiossidanti per nutrirsi e per difendersi dagli attacchi di parassiti, batteri o funghi. In questo modo esplora il terreno in modo più approfondito e ne ricava il nutrimento necessario, processo che conferisce al pomodoro un maggiore contenuto di zuccheri antiossidanti e vitamine.

Cosa spinge un agricoltore a coltivare pomodoro biologico?

È una scelta tra due approcci diversi. L’agricoltura convenzionale ha un approccio immediato: quando si presenta un problema, l’agricoltore utilizza agrofarmaci o concimi, quindi ex post (a posteriori). Nel biologico il sistema è inverso, perché l’intervento avviene ex ante (in anticipo) attraverso una massiccia prevenzione con metodi naturali, garantendo alla pianta le migliori condizioni per sopportare attacchi e per riuscire a sviluppare al meglio le proprie difese naturali. Il carico di lavoro è leggermente superiore, ma ampiamente gestibile anche in aziende di piccole dimensioni. La concimazione avviene a inizio stagione circa un mese prima dell’impianto della coltura, per dare tempo alla sostanza organica di continuare il processo di umificazione nel terreno e di innescare un circolo virtuoso. È particolarmente consigliato un compost di letame bovino mescolato a una piccola frazione di pollina. Stessa cosa per la lotta contro gli insetti e funghi, rispetto ai quali si lavora in prevenzione.

Se il carico di lavoro è facilmente gestibile, lo è anche il mercato?

I consumatori stanno sviluppando una particolare sensibilità nei confronti dei prodotti bio. Cercano, soprattutto nel mercato interno, agricoltori seri che garantiscano ortaggi naturali e sani, anche nel caso del pomodoro da mensa. È quindi in atto un meccanismo di valorizzazione dell’offerta locale, alla quale è riconosciuto un valore aggiunto. Questo consente di mantenere prezzi superiori che compensano le minori rese del biologico. Posso quindi confermare che la convenienza economica è garantita: il mercato risponde ai prezzi più alti perché ricerca la qualità. Inoltre, nella distribuzione a livello territoriale riusciamo ad arrivare velocemente al consumatore con un prodotto freschissimo e di alto livello: il pomodoro appena raccolto può passare dal campo al piatto anche nel giro di un paio d’ore. Teniamo conto che la raccolta del datterino, ad esempio, avviene quando l’ultima bacca del grappolo è rossa e quindi a maturazione completata. Stessa cosa vale per il pomodoro insalataro.

E la domanda dall’estero?

L’area europea rappresenta uno scenario interessante nel quale il pomodoro da mensa biologico italiano avrebbe la possibilità di crescere. Manca però un coordinamento a livello nazionale. I produttori italiani dovrebbero fare sistema e proporsi uniti nei Paesi esteri, a garanzia di una fornitura annuale ininterrotta. Abbiamo la fortuna di coltivare in una penisola che si sviluppa in latitudine, fornendo la possibilità di applicare un meccanismo controllato di produzione alternata (da Nord a Sud), in base alle condizioni climatiche propizie in ciascun periodo dell’anno. La Spagna, ad esempio, non produce nel periodo estivo (luglio e agosto) perché le temperature sono troppo alte. Diversamente, l’Italia potrebbe produrre pomodoro biologico in tutte le stagioni, grazie alle temperature estive mitigate del Nord. Dovremmo quindi riorganizzare le potenzialità e metterle a sistema.

Oltre alla sfida dei mercati esteri, quali altre criticitá presenta la coltivazione biologica del pomodoro da mensa?

Uno dei problemi che il pomodoro da mensa bio deve affrontare è il marciume apicale dovuto alla difficoltà nell’assorbimento del calcio che si presenta quando il clima è particolarmente caldo e umido. Il calcio, essendo un elemento poco mobile nella pianta, riesce ad arrivare agli apici vegetativi attraverso il flusso d’acqua, passando dalle radici agli stomi delle foglie e dei frutti. In estate, quando l’umidità relativa è molto elevata, la pianta ha scarsa traspirazione e questo rende più difficile l’assorbimento e il passaggio del calcio. Per questo motivo l’irrigazione deve essere gestita con molta attenzione. Bisogna anche affrontare gli attacchi di peronospera e alternaria che si manifestano principalmente in condizioni di eccessiva umidità dell’aria. Un ottimo sistema di prevenzione consiste nell’allargamento delle fi le di coltivazione, sacrificando eventualmente il numero di piante. Questa soluzione consente una maggiore e soddisfacente aerazione tra i fi lari, azzerando addirittura in certi casi l’utilizzo del rame. Contro la sclerotinia invece utilizziamo con soddisfazione il microrganismo Coniothyrium minitans, introdotto nel terreno in via preventiva quando le temperature raggiungono almeno 10-15 °C. Inoltre, la rotazione del terreno è indispensabile per evitare la selezione e proliferazione di organismi dannosi, alternando il pomodoro con colture di diversa famiglia botanica come (ad esempio) la lattuga, il cavolo cappuccio e il melone, a intervalli di almeno tre-quattro anni. Da circa 10 anni il pomodoro è inoltre minacciato dalla Tuta absoluta, detta anche tignola del pomodoro, un lepidottero di origine sudamericana che attacca tutte le solanacee. Dapprima depone le uova sul tessuto fogliare, arrivando in certi casi ad aggredire i frutti, rendendoli non commerciabili. Raggiunge dimensione massima di qualche millimetro ed è quindi difficilmente visibile a occhio nudo. In questi casi, il biologico propone sistemi di lotta integrata che prevedono almeno due lanci preventivi di insetti predatori (a inizio stagione), quali Macrolophus caliginosus e Nesidiocoris tenuis. Qualora queste misure non siano sufficienti, il bio consente inoltre di usare il Bacillus thuringiensis var. kurstaki. Questo batterio, una volta ingerito dalle larve, ne provoca la morte in tre-quattro giorni. Altro rimedio può essere l’estratto vegetale azadiractina, noto come olio di neem, da usare nelle dosi indicate per evitare l’effetto resistenza degli insetti; infi ne, molto comunemente viene anche usata la tecnica della cattura massale di esemplari adulti attraverso l’uso di trappole a feromoni sessuali o luminose.

Tornerebbe al metodo convenzionale?

Non tornerei indietro. Il pomodoro è una coltura che richiede particolare attenzione e dedizione. Nell’agricoltura convenzionale, seguendo le pratiche agronomiche, l’agricoltore deve cambiare «ricetta di concimazione» di settimana in settimana, seguendo standard precisi. Nel biologico invece le tecniche applicate sono diverse, ma sempre garanti di alta qualità e molto meno impattanti rispetto alle tecniche convenzionali. Inoltre, il biologico è un metodo di coltivazione che permette di vivere in un ambiente sano e ricco di biodiversità, spingendo l’agricoltore ad aggiornarsi sulle nuove tecniche di coltivazione per «giocare d’anticipo» sulla coltura, nella consapevolezza che l’ambiente biologico è molto più articolato e «aperto alla vita».

Ilenia Cescon