Le “perle rosse” dell’agricoltura

Accesa concorrenza nei mercati globali, calamità atmosferiche, attacchi patogeni. Il reddito derivante dalla coltivazione del ciliegio, come del resto accade nell’allevamento degli altri frutti e vegetali, è esposto a un rischio costante e persistente, al punto da far scattare misure di difesa della redditività per il settore primario.

L’Italia sta dimostrando notevoli capacità di avanguardia professionale, con l’adozione di tecniche preventive in grado di garantire la produzione e di conseguenza il reddito. È il caso di Naturaviva, azienda agricola condotta dai fratelli Guglielmi, situata nel comune di Bisceglie in provincia di Barletta-Andria-Trani, nella Puglia settentrionale.

Anticipo produttivo per battere la concorrenza

Le ciliegie coltivate sotto serra presso l’azienda Naturaviva a Bisceglie (Barletta-Andria-Trani), vere e proprie «perle rosse» commercializzate a 40 euro/kg, sono il frutto di un progetto complesso e di diverse sperimentazioni agronomiche mirate alla precocità di raccolta e alla massima qualità.

A qualche chilometro dal litorale adriatico, Antonio e Mauro (agronomi di professione) coltivano circa un ettaro di ciliegio sotto serra.  Esattamente come si può immaginare, la struttura è composta da coperture telate fino a 3 m di altezza che rivestono a forma di tunnel circa 1.000 piante di ciliegio. Una scelta particolare ma redditizia Antonio Guglielmi ci ha raccontato quali sono i vantaggi di questa coltivazione: «Dopo 20 anni di studi agronomici sul ciliegio, abbiamo affinato una tecnica innovativa che ci consente di ottenere ciliegie di altissima qualità in un ambiente di produzione protetto, a riparo dai numerosi agenti esterni che facilmente attaccano la pianta o il frutto (sbalzi termici, pioggia, grandine). L’applicazione di questa modalità di allevamento consente una raccolta anticipata delle ciliegie, che diventano così disponibili sul mercato circa 2-3 settimane prima rispetto alle coltivazioni in campo aperto.

Nel 2018, ad esempio, la raccolta delle ciliegie in serra è iniziata l’11 aprile, consentendoci di proporre i nostri prodotti con 18 giorni di scarto rispetto alle produzioni presenti in campo aperto, le quali, a parità di fascia climatica, hanno raggiunto la piena maturazione alla fine del mese. Un’offerta frutticola che i mercati hanno valorizzato e apprezzato con un prezzo minimo di 40 euro/kg. La commercializzazione è stata affidata a Op Agritalia di Barletta (provincia di BAT), che ha provveduto a distribuire le nostre «perle rosse» nel nord Italia, fino a raggiungere anche il mercato svizzero.

Il mercato risponde positivamente. Cosa viene premiato?

Sicuramente l’elevata qualità delle ciliegie, ottenuta grazie alle dotazioni strutturali coperte che abbiamo realizzato. Il prodotto è praticamente perfetto, in colore e sapore. La tecnica di coltivazione che utilizziamo consente di sviluppare al massimo le proprietà organolettiche della ciliegia, conferendogli un colore rosso, un sapore intenso e la dimensione ideale, a calibro 32+ (ossia con un diametro di 32 mm).

Quali sono le innovazioni della struttura che avete realizzato?

Da un’idea di Roberto De Salvador del CRA-Fru di Roma (Centro di ricerca per la frutticoltura), insieme a Franco Ruggia dell’azienda Retilplast di Campagna (Salerno), abbiamo perfezionato una copertura di materiale plastico all’avanguardia, realizzata appositamente per la produzione del ciliegio, in grado di fi ltrare i raggi solari ultravioletti in misura appropriata in base alle esigenze della specifica varietà coltivata. Il ciliegio ha bisogno di alcune precise frequenze di raggi ultravioletti per conferire al prodotto il giusto colore. Sono stati necessari tre anni di sperimentazione, aggiunti alla nostra esperienza ventennale con gli alberi da frutto, per ottenere una condizione di produzione ideale. Inoltre, anche la forma di allevamento è stata pensata ad hoc: la tecnica della doppia parete inclinata, ossia composta da due pareti vegetali che formano una Y, è stata appositamente selezionata al fine di sfruttare al massimo la resa e il benessere di ogni singola pianta. L’impianto in questione sviluppa un sesto di 5 × 2 m, misure leggermente più strette rispetto alle usuali coltivazioni in campo aperto, la cui distanza tra i fi – lari e tra le piante può arrivare a 5 × 5 m.

Quali saranno le prossime sfide?

Sicuramente la trasformazione in chiave sostenibile delle strutture. Abbiamo cercato finora di limitare al massimo l’impatto ambientale delle nostre coltivazioni, ma molto può essere ancora realizzato. A differenza delle altre produzioni di ciliegio in serra (presenti in alcune aree della Spagna), il nostro impianto è condotto in semi-forzatura, quindi riscaldato naturalmente, senza l’utilizzo di sorgenti ausiliarie di calore. Queste ultime rappresentano, infatti, un elemento che ha effetto negativo sull’ambiente, specialmente se si fa uso di fonti non rinnovabili. Attraverso le coperture sperimentate nella nostra azienda siamo riusciti a garantire sufficiente aerazione e temperatura adeguata, tanto da non rendere necessario alcun riscaldamento artificiale. Nella fascia climatica pugliese il periodo vegetativo del ciliegio inizia nei primi giorni di febbraio, con temperature esterne di 5-6 °C. Nei mesi che vanno dal germogliamento alla raccolta della frutta la serra rimane chiusa e i teli ne garantiscono l’ossigenazione e lo scambio carbonico. Viceversa, nel periodo invernale le piante hanno bisogno di acquisire temperature più rigide, al fine di soddisfare l’esigenza di freddo, tipico problema di quasi tutte le drupacee. Al raggiungimento del quantitativo minimo di circa 600- 700 ore di rigide temperature invernali, il ciliegio può essere nuovamente coperto nella struttura ben chiusa, rimanendo in questa postazione fino al completamento della raccolta che potrebbe raggiungere una temperatura interna fi no a 28 °C. Nel nostro caso abbiamo optato per alcune cultivar precocissime a basso fabbisogno di freddo. Con la collaborazione di Franco Ruggia della ditta Retilplast, abbiamo di recente intrapreso un nuovo progetto che prevede la realizzazione di un’altra struttura di nuova concezione. Particolarmente efficace nella protezione da pioggia e grandine, la nuova serra sarà anch’essa funzionale all’ottenimento della maturazione anticipata delle ciliegie e sarà operativamente disponibile dalla campagna 2021. Trattasi di un impianto dinamico agevolmente scopribile e ricopribile, in grado di facilitare il nostro lavoro e parallelamente di ridurre i costi di conduzione (diminuzione del 40% rispetto al sistema a tunnel). Le attuali strutture necessitano di interventi di manutenzione annuale e i teli richiedono una sostituzione periodica (ogni tre o quattro anni). Il nuovo progetto prevede inoltre delle misure di maggiore resistenza alle ondate di vento che periodicamente colpiscono questa zona prossima al mare.

Quali sono gli agenti esterni che minacciano la coltivazione del ciliegio?

Alla pari delle altre piante da frutto, anche il ciliegio è estremamente sensibile agli attacchi parassitari che vengono curati con fungicidi naturali. Tra le malattie patogene più comuni ricordiamo la monilia (Monilia laxa e fructigena), un fungo che attacca i fi ori e anche il frutto generando marcescenza. Inoltre, la necrosi della ciliegia è una rapida conseguenza della presenza del corineo (Coryneum beijerinckii o Stigmina carpophila), malattia crittogamica che colpisce le drupacee durante tutto il ciclo vegetativo e talvolta agisce anche sul peduncolo del frutto. Per questo, coltivare in serra significa riuscire a moderare il livello di umidità dell’ambiente vegetativo del ciliegio, regolando i teli in base alle necessità ed evitando così eccessive esposizioni agli attacchi patogeni. Le temperature rigide dello scorso inverno hanno scongiurato la presenza di afi di, ma parallelamente il vento siberiano Burian ha provocato rigide gelate con punte di −5 °C a fi ne febbraio, episodio che può diventare pericoloso se le piante hanno già iniziato il periodo vegetativo. Per questo motivo la serra è una certezza per l’agricoltore, in quanto protegge la produzione dal freddo, mantenendo le piante perfettamente incolumi. Altresì, la copertura fa da scudo alle piogge che puntualmente si presentano nella fase di invaiatura, evitando così il fenomeno del cracking che letteralmente spacca i frutti, danneggiandoli irrimediabilmente.

Anche il terreno necessita di particolare attenzione?

Certamente. Il terreno ha bisogno di mantenersi fresco d’estate, soprattutto dentro la serra. Abbiamo quindi predisposto un impianto di irrigazione a goccia, regolabile in base al livello di umidità del terreno. Diventa quindi altamente rischioso posizionare a terra i teli riflettenti, che generalmente vengono disposti lungo le fasce alberate per moltiplicare l’effetto del sole sulle piante. Per ovviare a questo meccanismo ormai obsoleto, abbiamo recuperato della roccia presente in loco e mediante un processo di frantumazione l’abbiamo distribuita sulla superficie coltivata. Questa particolare pietra locale ha dato prova della propria efficacia nel riflettere i raggi solari.

Qualche consiglio per i colleghi agricoltori?

In termini di quantità prodotta, 1 ettaro di piante di ciliegio in coltivazione protetta equivale economicamente a circa 7-8 ettari di impianto in campo aperto. Ciononostante, consiglio vivamente a coloro che operano in questo settore, oppure ai giovani che intendono avviare un’attività, di puntare sulla qualità, tralasciando gli aspetti di natura quantitativa. La nostra esperienza fornisce una concreta testimonianza della capacità di reddito dei prodotti italiani ad alta qualità, recepiti dal mercato (interno e esterno) come speciality e non più come semplici commodity. Le colture frutticole ad alto rischio (è il caso del ciliegio e dell’albicocco) sono proficue se gestite in piccoli impianti protetti; in caso contrario, il cambiamento climatico e le calamità meteorologiche possono mettere seriamente a repentaglio il reddito dell’azienda.

Ilenia Cescon