Appello della Siga per «liberare» il miglioramento genetico

capsule petri

Può una normativa vecchia di 18 anni bloccare l’utilizzo di tecnologie che al momento della sua stesura nemmeno esistevano?

È giusto che l’agricoltura europea debba rinunciare all’impiego di nuove varietà utili a chi le coltiva e anche all’ambiente solo perché nel 2001 il legislatore ha dato una definizione di ogm che oggi non ha più senso? Purtroppo, al momento le cose stanno proprio così.

La questione delle Nbt (New breeding techniques), e in particolare del genome editing, è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica da tutto il mondo scientifico e ora la Siga (Società italiana di genetica araria) torna sull’argomento con un documento intitolato in cui riassume in maniera chiara tutta la vicenda e spiega perché è assolutamente necessario che l’UE metta mano alla legislazione in materia.

Il documento della Siga si concentra in particolare sulla sentenza della Corte di giustizia europea del luglio 2018 la quale ha stabilito che tutti i prodotti ottenuti tramite Nbt, compreso il genome editing, debbano essere inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva sugli ogm. Il che significa che le nuove varietà prodotte tramite Nbt potranno avere un futuro solo dopo la lunga e costosissima procedura prevista per gli ogm e comunque non saranno per ora coltivabili in Italia.

In questo modo, sostiene la Siga, l’Unione europea «lancia un messaggio di paura verso l’innovazione in agricoltura e sancisce l’assoggettamento di una formidabile tecnologia innovativa a una direttiva ormai obsoleta e inadeguata, che non poteva prevedere ambiti non ancora esplorati dalla ricerca scientifica».

Documento integrale della Siga

 

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 13/2019
L’agricoltura ha bisogno delle nuove tecniche di miglioramento genetico
di A. Andrioli
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