Emissioni industriali: a Bruxelles passo avanti della direttiva ammazza-stalle

Il Consiglio dei ministri dell’ambiente Ue, svoltosi il 16 marzo, ha trovato un accordo di compromesso sul testo della nuova direttiva per la riduzione delle emissioni industriali che per la prima volta copre anche gli allevamenti. Contraria l’Italia: «Non possiamo accogliere il testo – ha detto il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin – perché le soglie per i bovini sono per noi inaccettabili».

Il testo è stato negoziato durante tutta la giornata e l’accordo è stato trovato grazie ad alcuni accorgimenti tecnici. Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno accettato il compromesso chiedendo di mettere a verbale il loro disaccordo rispetto a soglie per gli allevamenti «che hanno ridotto di molto le ambizioni ambientali» della direttiva. La Bulgaria si è astenuta, la Francia ha contestato «questioni di merito e di metodo» ma ha scelto alla fine di appoggiare il testo. La Polonia ha sottolineato che nelle future fasi di negoziato con le altre istituzioni europee, non è disposta ad accettare ulteriori concessioni sull’allevamento.

«Condivido quanto affermato dal ministro Pichetto Fratin, a proposito della nuova direttiva per la riduzione delle emissioni industriali, e lo ringrazio per aver sostenuto la posizione corretta a tutela e a difesa di un comparto strategico: le soglie indicate per i bovini sono per l’Italia inaccettabili» ha dichiarato il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. «Rischiano di portare alla desertificazione di un settore produttivo primario in Europa contestuale ad aumenti dei prezzi di produzione. Queste iniziative basate su scelte ideologiche rischiano di portare aumenti dei costi di allevamento e di conseguenza al consumo per le nostre imprese a vantaggio della concorrenza dei paesi extra Ue che non avranno gli stessi vincoli».

Compatto nelle critiche alla direttiva tutto il mondo agricolo. «I dati utilizzati dalla Commissione per la revisione della direttiva – secondo il presidente di Fedagripesca Carlo Piccinini Piccinini – risalgono al 2016 mentre vi sono dati relativi al 2020 che contraddicono la percentuale originariamente indicata di aziende agricole che sarebbero interessate dalla mia disciplina sulle emissioni. La Commissione si è sempre difesa dalle critiche affermando che solo il 13% delle aziende agricole commerciali europee sarà oggetto della proposta. Invece, prendendo in considerazione i dati più recenti, si passa, in particolare per il pollame, dal 15% al 58% delle aziende agricole dell’UE interessate e per gli allevamenti di suini dal 18% al 61%».

«Equiparare gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali – ha detto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – appare ingiusto e fuorviante rispetto al ruolo che essi svolgono nell’equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare in Europa. Si tratta peraltro di un approccio ideologico fondato su dati imprecisi e vecchi che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente con la perdita di biodiversità, paesaggi e spopolamento delle aree rurali».

«Il voto al Consiglio Ue ambiente non va nella direzione auspicata» ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. «Lavoreremo insieme al Parlamento europeo e al Copa Cogeca affinché, nella fase di discussione, riesca a modificare l’orientamento generale e arrivare a una decisione finale favorevole per le imprese e per il settore degli allevamenti».