Carenze ed eccessi di rame e ferro: gli effetti sulle bovine

La nutrizione minerale delle bovine risulta estremamente complessa a causa delle numerose interazioni che esistono fra i diversi elementi minerali. Grazie alle nuove tecniche analitiche è possibile avere una miglior visione d’insieme del profilo minerale.

L’accumulo di informazioni su alimenti e diete consente di avere integrazioni sempre più mirate e correzioni della dieta al fine di garantire salute e longevità delle bovine riducendo i costi alimentari.

Rame

Il rame è necessario per lo sviluppo e la produzione degli anticorpi e dei globuli bianchi, ed è anche un importante componente di enzimi antiossidanti. Poiché la sua funzione è quindi legata alla sfera immunitaria, una carenza di rame rende gli animali più suscettibili alle malattie.

In realtà la carenza di rame in Italia è molto rara, in quanto i foraggi, soprattutto di leguminose, hanno un contenuto medio di 15 mg/kg, quindi di per sé sufficiente a soddisfare i fabbisogni delle bovine in lattazione (10-15 mg/kg; NRC e Inra).

Questi rari casi di potenziale carenza devono essere seriamente affrontati se vi è anche un concomitante eccesso di ferro (maggiore di 200 ppm), zolfo e molibdeno, che possono ridurre l’assorbimento del rame.

Eccessi di rame sono particolarmente tossici e possono determinare l’insorgenza di anemia, ma anche la morte dell’animale. Il rame infatti si accumula nel fegato e nel lungo periodo, se la sua concentrazione diventa eccessivamente alta, se ne può avere un rilascio improvviso di grandi quantità dal fegato che possono portare alla morte.

In condizioni di eccesso cronico con concentrazioni nella dieta di 37,5 mg/kg per le vacche in lattazione e 22,6 per le asciutte, è stata registrata una mortalità pari al 14% degli animali adulti. Diventa quindi fondamentale monitorare gli apporti di rame per intervenire in tempo sull’integrazione se questi dovessero aumentare, ad esempio in seguito all’inclusione di foraggi nuovi nella razione.

Ferro

Il ferro è un elemento fondamentale in quanto componente di emoglobina e mioglobina. I fabbisogni di ferro sono coperti da unifeed con concentrazione di circa 50 mg/kg: poiché la concentrazione media rilevata nelle diete in lattazione è stata superiore a 300 mg/kg e nessuna dieta è risultata inferiore ai fabbisogni, si può concludere che non vi sono particolari rischi di carenza. Eccessi di ferro sono considerati quando la dieta apporta oltre i 500 mg/kg.

Nonostante ciò la tossicità da ferro è estremamente rara, in quanto una buona porzione del ferro negli alimenti è in forma di ossido di ferro, derivante soprattutto da contaminazione da terreno: in questa forma, il ferro è molto poco digeribile e quindi non causa tossicità.

A ogni modo ad alti livelli può essere un indicatore di forte contaminazione da terra, testimoniato dal fatto che il ferro ha una buona correlazione (r = 0,50) con il contenuto di silicio (a sua volta noto indicatore di contaminazione da terra). Nel caso i valori di ferro siano molto elevati ma con valori bassi di ceneri e silicio, diventa necessario indagare e intervenire affinché gli elevati contenuti non vadano a interferire con l’assorbimento di rame e zinco.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte  n. 6/2021
I minerali in razione: le conseguenze di eccessi e carenze
di P. Berzaghi, M. Dorigo
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