Vino, ridurre l’impatto ambientale con i microrganismi

In agricoltura, il settore vitivinicolo è uno tra i più sensibili al tema della sostenibilità ambientale. Il crescente interesse per l’impatto ambientale della produzione vinicola ha spinto molti produttori a muoversi verso pratiche sostenibili di coltivazione della vite e di produzione di vino. Inoltre, recenti studi sulle percezioni dei consumatori hanno dimostrato che produrre e commercializzare vino con caratteristiche di sostenibilità è una strategia promettente per la differenziazione della qualità, fornendo un ulteriore stimolo per l’industria vitivinicola a procedere verso una più ampia adozione di pratiche rispettose dell’ambiente.

Lo sfruttamento delle risorse microbiche per migliorare la sostenibilità del processo di vinificazione, in questo contesto, è tuttavia un approccio molto recente e solo pochi studi di ricerca lo hanno affrontato.

Sono infatti diversi i processi di cantina che possono essere migliorati per ridurre l’impatto ambientale dell’intera produzione, e tra questi vi sono le fermentazioni e le trasformazioni microbiche in generale.

Le principali fasi identificate come potenzialmente interessanti per sfruttare le attività microbiche e ridurre gli input sono:

  • le fasi pre-fermentative;
  • la fermentazione alcolica;
  • il periodo tra fermentazione alcolica e malolattica;
  • la fermentazione malolattica;
  • la stabilizzazione, l’affinamento e la gestione del rischio di deterioramento microbiologico;
  • la gestione dei sottoprodotti e il trattamento delle acque reflue.

Risparmio energetico associato alla fermentazione alcolica

La maggior parte dell’elettricità utilizzata dalle cantine (circa il 90%) viene consumata dai sistemi di refrigerazione per il controllo della fermentazione, la stabilizzazione a freddo e la conservazione. Nella produzione di bianchi e rosati, il processo di fermentazione avviene, per scopi qualitativi, a temperatura controllata, alla quale il vino deve essere raffreddato all’inizio della fermentazione e mantenuto durante tutto il processo; inoltre la reazione di fermentazione genera calore che deve essere rimosso.

Con taluni ceppi di lievito selezionati, infatti, si è potuti passare da 16 °C a 19 °C o da 14 °C a 19 °C risparmiando fino al 65% o anche 70% di energia. Ciò è stato possibile poiché le caratteristiche del lievito e il profilo aromatico desiderato per il vino sono stati attentamente considerati come criteri di scelta del ceppo al momento di decidere la gestione della temperatura e il relativo potenziale di risparmio.

Più sostenibilità tra fermentazione alcolica e malolattica

I vini in attesa di FML non possono essere stabilizzati e, in alcune situazioni, hanno bisogno di essere riscaldati per favorire lo sviluppo dei batteri lattici, ma queste stesse condizioni favoriscono anche la crescita di microrganismi dannosi per la qualità del vino. Pertanto, la gestione precoce della FML è stata raccomandata anche dall’OIV come una buona pratica di vinificazione per evitare il deterioramento del vino. Infatti, la gestione della FML influisce fortemente sullo sviluppo di microrganismi deterioranti, principalmente Brettanomyces, durante il successivo invecchiamento del vino. Alcuni studi hanno dimostrato che i vini sottoposti a FML rapida hanno inibito la crescita di Brettanomyces, dando luogo a un prodotto contenente pochi o nessun fenolo volatile.

Pertanto, l’uso di starter malolattici è proposto come un buon metodo per limitare lo sviluppo di Brettanomyces e la produzione di fenoli volatili, consentendo in questo modo una gestione più razionale e limitata della SO2, anche nelle fasi successive, evitando interventi correttivi.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2022
Come ridurre l’impatto ambientale con i microrganismi
di Tiziana Nardi
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