Vigneto, come gestire le criticità nelle irroratrici a tunnel

Irroratrice a tunnel in vigneto

In vigneto le irroratrici a tunnel non sono esenti da alcune criticità che, se non adeguatamente gestite, possono determinare risultati insoddisfacenti in termini di protezione fitosanitaria. Alcune di esse sono legate alla struttura della macchina e sono immediatamente evidenti: esse riguardano in primo luogo la manovrabilità, che può risultare problematica in presenza di ostacoli lungo il percorso, nonché nell’uso in pendenza anche non elevata.

Altre problematiche derivano dalle caratteristiche funzionali e la principale di queste è legata alla filtrazione della miscela recuperata dai pannelli. Infatti, il liquido filtrato è «pesantemente» contaminato da impurità di vario tipo (frammenti di vegetazione, insetti, polvere, ecc.): ciò risulta estremamente oneroso per il sistema filtrante della macchina e comporta frequenti soste per la pulizia. Anche per tale motivo non è consigliabile eccedere nelle dimensioni del serbatoio, in quanto la miscela che viene ricircolata finisce per assumere la consistenza di un deposito fangoso.

Nelle stagioni in cui la pressione delle malattie fungine risulta particolarmente elevata, inoltre, sono state riscontrate difficoltà nel proteggere foglie e grappoli interni. Per comprenderne le motivazioni si deve ricordare che la finalità di qualsiasi irroratrice aeroassistita è quella di assicurare che la quantità di aria movimentata dalla macchina sia sufficiente a occupare l’intero volume della massa fogliare della coltura, con una velocità dell’aria all’ingresso del filare di circa 6-8 m/s in pieno sviluppo. A questa esigenza non sfuggono, ovviamente, i tunnel, ma mentre negli atomizzatori tradizionali il problema della portata dall’aria non si presenta mai, in quanto i ventilatori sono in genere largamente sovradimensionati, nel caso dei tunnel, sia per il dimensionamento delle ventole, sia per la necessaria circolazione dei flussi, la portata dell’aria è inferiore essendo mediamente di 6-9.000 m3/ora per filare, contro i 25-40.000 m3/ora degli atomizzatori. Per questo motivo, in presenza di vegetazione molto vigorosa, non è improbabile che l’aria non riesca ad attraversare il filare se la velocità di avanzamento è sostenuta. In più, in questi casi bisogna anche fare attenzione alla distanza dei pannelli dal filare durante il lavoro, in quanto se la struttura dei pannelli striscia sulla parete fogliare, viene impedito agli ugelli di bagnare le foglie esterne, e all’angolo di apertura dei getti che deve essere sufficiente a coprire l’intera superficie vegetale evitare che si formino zone di mancata sovrapposizione tra ugelli adiacenti. D’altra parte, lavorare con i pannelli troppo lontani dal filare accentua il rischio che il flusso d’aria fatichi a penetrare la massa vegetale.

Per questi motivi, quindi, è fondamentale verificare con una prova in bianco, prima di iniziare il trattamento, se la miscela riesce a penetrare tutto lo strato fogliare fino al tronco. Dal punto di vista operativo la difficoltà principale è legata alla variabilità del volume distribuito, in quanto la quantità di miscela che ritorna in serbatoio dipende dalle condizioni della vegetazione e non è possibile conoscerla prima di iniziare il lavoro; contrariamente a quanto avviene con le irroratrici tradizionali, con i tunnel diventa quindi impossibile determinare la quantità esatta di miscela con cui rifornire il serbatoio. Per questo motivo, non sarà praticamente mai possibile arrivare alla fine del trattamento avendo esaurito esattamente il serbatoio, mentre ci si troverà verosimilmente con un residuo di miscela che dovrà essere smaltita, se non si ha la possibilità di riutilizzarla in qualche altro appezzamento. Non è quindi opportuno preparare la miscela per tutta la superficie da trattare, ma bisognerà osservare durante il lavoro l’effettiva quota di recupero; i moderni computer di bordo sono in grado di misurare il ritorno in serbatoio e visualizzare in tempo reale l’autonomia residua.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 1/2019
Irroratrici sostenibili per la difesa del vigneto
di C. Baldoin
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