Acidità delle uve bassa: cosa si può fare

Le vendemmie degli ultimi due decenni sono state caratterizzate da un progressivo innalzamento del grado zuccherino delle uve e, in contemporanea, dall’innalzamento del pH e dalla diminuzione dell’acidità titolabile (di seguito acidità), che svolge un importante ruolo nel determinare le proprietà organolettiche e la stabilità fisica e biologica del vino.

Se in passato poteva capitare, in talune annate, di raggiungere con difficoltà le gradazioni zuccherine desiderate o comunque quelle minime previste per la produzione dei vini doc e di ottenere nel contempo livelli di acidità in taluni casi troppo elevati, adesso ci troviamo in una situazione diametralmente opposta, ovvero con annate che esprimono concentrazioni zuccherine spesso anche troppo elevate, accompagnate da acidità basse e pH alti.

Il cambiamento delle caratteristiche tecnologiche dell’uva ha importanti ripercussioni sull’intera produzione enologica, in particolare su quella dei vini base per la produzione di spumante, che devono presentare una gradazione zuccherina contenuta, un’acidità elevata, con un buon livello di acido malico, e pH basso. Questa situazione è stata determinata in primis dai cambiamenti climatici, ma viene a essere acuita anche da una serie di fattori di cui viene solitamente sottovalutata l’importanza e su parte dei quali è possibile agire.

Sistema di allevamento

Nei sistemi a tralcio rinnovato tradizionali, quali pergola trentina, pergoletta romagnola e pergola di Soave, caratterizzati da capi a frutto lunghi fino a 2 m, si assiste infatti a un gradiente di maturazione dei grappoli che diminuisce spostandosi dal punto di inserimento sul tronco verso l’estremità. Iniziare la vendemmia quando i grappoli prossimali sono maturi comporta forzatamente la contemporanea raccolta di grappoli con gradazione zuccherina più bassa e acidità più alta, ovvero quelli distali, a meno che non si vogliano eseguire 2 passaggi, soluzione non sempre economicamente sostenibile.
Nei sistemi a cordone permanente la maturazione dei grappoli è invece più contemporanea, dal momento che si trovano a una distanza più o meno costante dalla porzione permanente della pianta, ovvero dal cordone, per cui vi è maggiore possibilità di procrastinare la vendemmia e condurli tutti verso la completa maturazione (che a volte significa surmaturazione).
Anche nelle controspalliere basse a tralcio rinnovato, ovvero nel Guyot, la maturazione dei grappoli è piuttosto contemporanea, in virtù della lunghezza contenuta del capo a frutto, che limita il gradiente di maturazione.
Le forme di allevamento in questi ultimi anni sono state sottoposte a una revisione concettuale proprio in virtù del loro potenziale adattamento al cambio climatico e alla conseguente composizione dell’uva. In particolare, le pergole (veronese e trentina) e il tendone, sono stati rivalutati per la loro capacità di ridurre l’esposizione dei grappoli al sole e di conseguenza conservare l’acidità delle uve.

Rapporto tra superficie fogliare e uva

La struttura delle controspalliere basse e la gestione del vigneto vengono impostate, negli impianti concepiti per raggiungere elevati livelli qualitativi, in modo da avere una superficie fogliare esposta e fotosintetizzante compresa tra 1 e 1,5 m2/kg di uva prodotta. Nelle annate più calde e soleggiate si è visto come tale rapporto risulti essere in molti casi eccessivo, portando a un marcato sfasamento tra maturazione tecnologica e maturazione fenolica. Per porvi rimedio sono state proposte in questi anni alcune tecniche, come la defogliazione della parte superiore della chioma in post-invaiatura, l’impiego di sostanze riflettenti atte a diminuire l’attività fotosintetica (quali il pinolene) e la tecnica della doppia potatura.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 4/2021
Tecniche per contrastare il calo di acidità delle uve
di D. Tomasi, R. Castaldi
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