Perdite di efficienza irrigua, un problema da risolvere

L’acqua che giunge effettivamente all’apparato radicale delle colture in rapporto al totale della risorsa idrica prelevata a monte del sistema esprime l’efficienza dell’irrigazione.

In molti casi questo valore è decisamente ridotto, intorno al 25-30%, a causa sia delle problematiche nel settore collettivo sia in quello aziendale.

La conoscenza dei bilanci idrici consortili e di quelli aziendali può rendere comprensibile il motivo della scarsa efficienza di utilizzo dell’acqua irrigua.

Come in tutti i bilanci si tiene conto dell’acqua prelevata a monte dalla fonte (fiume, canale, invaso) e gli utilizzi e le dispersioni lungo il percorso fino all’appezzamento e all’apparato radicale delle colture.

Di seguito riportiamo i dati rilevati dai bilanci idrici di alcuni Consorzi di bonifica e dai bilanci aziendali per mettere in evidenza l’efficienza distributiva globale e di conseguenza le azioni che si possono intraprendere per migliorarla.

Come si perde l’acqua irrigua

A livello consortile, l’acqua prelevata a monte viene convogliata verso i distretti e i comizi irrigui (parti del distretto irriguo serviti da un ripartitore o da un subripartitore) del comprensorio attraverso canali che possono essere in terra (specialmente nelle zone del Centro-Nord) oppure utilizzando tubazioni.

Questi canali possono essere rivestiti in cemento, che sono generalmente quelli principali, di sezione più ampia, caratterizzati da modeste perdite idriche per evaporazione, mentre la parte preponderante della rete distributiva consiste in canali in terra che, pur attraversando generalmente terreni argillosi a bassa permeabilità, disperdono per percolazione dal fondo e per effiltrazione dagli argini notevoli quantitativi di acqua durante la stagione irrigua.

Nei canali in terra sta diventando un ulteriore causa di perdite idriche anche l’azione delle nutrie che scavano profonde gallerie nelle sponde.

Considerando un canale con 10 metri di perimetro bagnato, anche soltanto un valore di permeabilità del suolo di circa 4 mm/ora (100 mm/giorno) comporta una dispersione idrica di circa 1 m³/giorno ogni metro lineare: in una stagione estiva di 90 giorni tali perdite corrispondono a 90 m³ ogni metro di canale.

In Italia sono presenti 57.000 km di canali in terra (tra irrigui e promiscui) e quindi, per questo esempio dimensionale di canale, le perdite idriche stagionali ammonterebbero a circa 5 miliardi di m³ di acqua (pari al 10% della risorsa totale), a cui occorrere aggiungere le perdite nell’esteso reticolo di affossature all’interno delle aziende (dati non disponibili) che verosimilmente potrebbero portare a dispersioni idriche totali pari a circa il 20% della risorsa prelevata a monte dal sistema.

I canali promiscui funzionano prevalentemente come canali di scolo, ma in estate vengono utilizzati come canali d’irrigazione conservando la priorità, durante l’intero anno, a beneficio dello scopo di bonifica.

Quindi, se in estate tali canali sono invasati per scopi irrigui ma si verifica o è prevista una perturbazione con forti precipitazioni, l’acqua presente in questi canali deve essere rapidamente scaricata nelle reti di bonifica e quindi il volume invasato per fini irrigui viene perduto.

Altra causa di possibile perdita idrica è legata alla tipologia della consegna idrica collettiva alle aziende: in particolare, con il sistema per prenotazione, può essere necessario convogliare l’acqua a grande distanza. Ciò comporta perdite di infiltrazione aggiuntive e non compensabili.

Perdite idriche dai canali in terra, evaporazione, esigenze dei canali promiscui e sistemi di consegna sono le principali cause che riducono quindi l’efficienza irrigua a livello collettivo.

Una ricerca effettuata in Emilia-Romagna evidenzia che, rispetto a un prelievo stagionale totale di 1 miliardo di m³ di acqua, il fabbisogno delle colture rappresenta il 52% di tale valore, mentre il 48% è attribuibile, oltre alle necessità richieste dai canali promiscui, alle perdite idriche dai canali in terra (25%) e si ipotizza che il 23% venga perso a causa della scarsa efficienza dei metodi irrigui aziendali e della gestione poco consapevole dell’irrigazione da parte degli utenti. L’acqua infatti, dopo l’ingresso nell’azienda, viene gestita dall’utente, che non sempre impiega metodi che sfruttano la risorsa idrica in modo razionale.

È nota la differenza tra metodi gravitazionali e in pressione per quanto riguarda l’efficienza irrigua. I metodi gravitazionali (scorrimento e infiltrazione), seppur contraddistinti da bassi costi d’esercizio comportano efficienze d’adacquamento più che dimezzate rispetto ai sistemi ad aspersione e microirrigazione.

Un calcolo consortile in una zona emiliana mostra come, per distribuire il fabbisogno delle colture di 1.500 m³/ha il sistema prelevi da monte 4.700 m³/ha, con un’efficienza quindi di circa il 25%.

Interventi necessari

In un’ottica del raggiungimento del massimo tornaconto aziendale, gli interventi effettuabili a livello collettivo aziendale (ad esempio impermeabilizzazioni dei canali, modifica dei sistemi irrigui aziendali) comportano ovviamente dei costi che, ancora una volta, sono giustificabili se portano a benefici di entità superiore ai costi stessi. Il costo per l’eliminazione delle perdite idriche dai canali consortili attraverso la loro impermeabilizzazione è ad esempio giustificabile se l’acqua recuperata va a beneficio di colture ad alto reddito e con un’alta risposta produttiva all’apporto irriguo, quindi a produttività positiva.

Lo stesso concetto è estendibile anche a livello aziendale. Se si dovesse allargare l’ottica anche assecondando le esigenze di carattere collettivo e sociale, come potrebbe essere la necessità di produrre il massimo quantitativo di derrate alimentari (quindi la massima produzione areica e non la massima produttività) a favore di un aumento costante della popolazione, il costo di queste possibili azioni troverebbe una maggiore giustificazione per l’innalzamento del valore aggiunto dell’acqua recuperata.

 

Articolo di G. Taglioli pubblicato su L’Informatore Agrario n. 41/2021