Maculatura bruna del pero, attenzione al rischio resistenze

danni da maculatura bruna del pero

La maculatura bruna, causata dal fungo ascomicete Pleospora allii, attivo prevalentemente nella sua forma agamica di Stemphylium vesicarium, si è manifestata sul pero in Italia nella seconda metà degli anni 70 del secolo scorso e ha rapidamente assunto, nelle principali aree di coltivazione (non solo italiane), un ruolo di primo piano a causa delle peculiari caratteristiche biologiche del patogeno.

Esse da un lato determinano l’elevata dannosità della malattia per numerose cultivar tardive (in primo luogo Abate Fetél), dall’altro rendono la difesa molto impegnativa e dipendente principalmente dai fungicidi. La notevole pericolosità della malattia riesce infatti a essere solo limitatamente contenuta dagli interventi colturali quali le lavorazioni del terreno, l’adozione di ampi sesti di impianto, le concimazioni e potature equilibrate, l’evitare le irrigazioni soprachioma, la raccolta e distruzione dei frutti malati caduti a terra e l’interramento delle foglie previamente trattate con urea per favorirne i processi di degradazione microbica.

Pur trattandosi di un fungo non particolarmente attivo sulla pianta (il suo a livello del cotico erboso e sulle foglie
e sui frutti di pero caduti a terra), il meccanismo patogenetico basato sulla necrotizzazione dei tessuti per mezzo di tossine fa sì che gli attacchi interessino la pianta per un lungo periodo compreso tra la fioritura e la raccolta, con rischi progressivamente crescenti per i frutti. Inoltre, poiché le tossine vengono prodotte dal patogeno sin dalle prime fasi di sviluppo, ne risulta che l’efficienza della difesa chimica è basata sulla applicazione preventiva di fungicidi in grado di bloccare la germinazione delle spore. Ciò porta inevitabilmente alla necessità di un elevato numero di trattamenti, con risultati peraltro non sempre soddisfacenti in tutte le stagioni vegetative, che possono essere limitati o sospesi solo nei periodi a basso rischio infettivo dovuto a condizioni ambientali asciutte, sfavorevoli all’attività del patogeno.

I prodotti disponibili

Per lungo tempo i prodotti di riferimento per la difesa sono stati i sali di rame, i ditiocarbammati (specialmente il thiram, oggi revocato, ziram, mancozeb e metiram), il captan, i dicarbossimidici (procymidone e iprodione, entrambi revocati) oltre a tebuconazole (unico rappresentante dei triazoli registrato contro la maculatura bruna del pero).

 

 

Negli ultimi venti anni si sono poi affiancati nuovi fungicidi e in particolare fludioxonil e la sua miscela con cyprodinil e gli analoghi delle strobilurine (kresoxim-methyl, trifloxystrobin e pyraclostrobin). Boscalid è poi stato il primo inibitore della succinato deidrogenasi (SDHI) autorizzato contro la malattia nel 2007 nel nostro Paese. In seguito, fino all’attualità, il gruppo si è arricchito di altri principi attivi quali penthiopyrad, fluopyram, fluxapyroxad e isopyrazam .

Da qualche anno a questa parte è disponibile anche fluazinam e prodotti microbiologici a base di Bacillus spp. È, infine, del 2018 l’autorizzazione all’uso contro maculatura bruna del pero della miscela dithianon + pyrimethanil seguita, nel 2019, da quella del fosfonato di potassio anche in miscela con dithianon.

Tutti i più recenti prodotti sono stati favorevolmente accolti in quanto utili alternative per integrare i fungicidi disponibili, anche nell’ottica della riduzione dei rischi di residualità e di resistenza potenzialmente non trascurabili in programmi di intervento intensi come quelli relativi alla maculatura bruna. Importanti infatti sono stati i fenomeni di resistenza del fungo in particolare, negli anni 90, nei confronti dei prodotti chiave quali i dicarbossimidici, segnalati anche rari casi verso fludioxonil e, nel 2000, alle strobilurine.

 

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 15/2020
Maculatura bruna, la situazione delle resistenze ai fungicidi
di M. Collina
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