La frutta secca italiana non basta al mercato

nocciole

La coltivazione della frutta secca in Italia interessa una superficie di circa 180.000 ettari e la produzione media degli ultimi anni ammonta a circa 220.000 tonnellate, benché i quantitativi raccolti oscillino fortemente da un anno all’altro a causa dell’impatto del clima sulle rese produttive. Questo il quadro di riferimento della coltivazione di noci, nocciole, mandorle, castagne, pistacchi e carrube delineato al Macfrut da Ismea, protagonista della campagna di promozione sulla frutta in guscio finanziata dal Ministero dell’agricoltura e intitolata «Dentro c’è l’Italia».

Pur con il riconoscimento di diversi marchi di origine come dop e igp, viene evidenziato da Ismea, «il successo economico di questi prodotti è stato fino ad ora parziale, in quanto ostacolato da alcuni limiti insiti nella struttura stessa di questa filiera. Il principale utilizzo della frutta in guscio, in particolare nocciole, mandorle e pistacchi, riguarda l’industria dolciaria e agroalimentare in genere; mentre per castagne e noci si ha una prevalenza del consumo tal quale».

Per tutti i prodotti, viene osservato, si registra «un deficit della produzione nazionale rispetto al fabbisogno interno e ciò spiana la strada all’importazione di ingenti quantitativi di prodotto dall’estero, come avviene ad esempio per le nocciole turche, cilene, georgiane e azere, per i pistacchi di Usa e Iran, per le mandorle di Usa e Spagna, per le noci di Spagna e Usa e per le castagne di Turchia, Portogallo e Spagna».

«Tutto ciò si traduce in importazioni per circa 1,4 miliardi di euro all’anno e un pesante passivo della bilancia commerciale dell’Italia che ammonta a circa 700 milioni di euro». Quindi, conclude Ismea, «è evidente che esiste una grande opportunità di aumentare il potenziale produttivo dell’Italia tenendo ben presente però i limiti determinati dalle caratteristiche pedoclimatiche dei nostri territori che non sempre si adattano alle diverse specie. Allo stesso tempo è necessario non sottovalutare la minaccia insita in un mercato internazionale gestito da grandi player in grado di influenzare il livello del prezzo mondiale».