Frutticoltura e cambiamento climatico: il punto sulle agrotecniche

Davide Neri durante il suo intervento

Anticipi vegetativi, gelate primaverili, scottature e spaccature, ricadute quali-quantitative sulle produzioni sono solo alcune delle problematiche causate dal clima che cambia ai frutteti italiani, da Nord a Sud.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi i sistemi frutticoli appartengono ad un mondo che, climaticamente, non c’è più, di conseguenza servono nuove strategie e approcci agronomici per mitigare gli effetti di temperature sempre più elevate e precipitazioni sempre più concentrate.
Il convegno «Resilienza ai cambiamenti climatici in frutticoltura» organizzato da L’Informatore Agrario a Macfrut 2024 ha fatto il punto su questo e tanti altri aspetti: «per contrastare il cambiamento climatico in frutticoltura si possono sviluppare strategie innovative o adattare le tecniche tradizionali – ha detto Davide Neri, direttore del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università delle Marche. I sistemi multiuso di reti antigrandine, metodi di protezione attiva dal gelo e irrigazione intelligente possono fare molto, ma sarà sempre più importante ragionare in termini di conservazione dei paesaggi coltivati, sequestro del carbonio e fertilità del suolo, riducendo i rischi di erosione del suolo e di lisciviazione di azoto con pacciamature vegetali e ammendanti organici per migliorare la crescita delle radici e l’efficienza di assorbimento».

Focus su melo, drupacee e agrumi

Gli interventi di Matteo De Concini, dell’Unità Frutticoltura presso la Fondazione Edmund Mach; Stefano Foschi, referente tecnico di Ri.Nova e Carmelo Mennone, direttore dell’Az. Sperimentale Pantanello dell’Alsia, hanno fatto il punto sulle criticità del climate change su melo, drupacee e agrumi, evidenziando come molte criticità siano comuni da Nord a Sud Italia.
«Dal punto di vista climatico i dati della nostra rete agro meteorologica (100 stazioni meteo di cui 41 con sensori antibrina e allerta gelate) mostrano che, in pratica, è come se la quota di coltivazione del melo in Trentino negli ultimi anni fosse scesa di 300 m – ha detto De Concini. Di conseguenza vediamo anticipi vegetativi e di raccolta, alternanza di produzione, problemi di colorazione della frutta e anche aumento di diverse fitopatologie, tra cui la moria del melo».
«Reti multifunzionali, modelli previsionali, confusione sessuale, insetti antagonisti, e miglioramento genetico possono fare molto per contrastare gli effetti del clima che cambia – ha evidenziato Foschi – ma non dimentichiamo l’importanza e il ruolo della formazione tecnica degli addetti e il trasferimento tecnologico dalla Ricerca agli agricoltori».
«Sotto il punto vista fitosanitario – ha sottolineato Mennone – l’agrumicoltura metapontina dovrà confrontarsi con agenti patogeni e parassiti che potrebbero diventare più pericolosi e una variabilità stagionale che influenzerà la pianificazione «tradizionale» delle strategie di controllo dei parassiti. Sotto il profilo agronomico vanno ridefiniti quantitativi, tempi e modi di somministrazione dell’acqua: parametri come la radiazione solare, la temperatura, la ventosità e l’umidità atmosferica hanno infatti grande importanza nel determinare l’evapotraspirazione».

Lorenzo Andreotti