Export, campanello d’allarme per l’agroalimentare italiano

Le esportazioni agroalimentari del nostro Paese perdono colpi. Nonostante un discreto aumento in termini di valore che ha portato il dato complessivo 2018 oltre i 41 miliardi di euro, il nostro export perde quote in volume e questo è un campanello d’allarme che non può essere sottovalutato.

L’ortofrutta e il vino, ad esempio, che da soli rappresentano più del 36% dell’export agroalimentare italiano, nel 2018 hanno complessivamente perso il 5,2% e l’8,1% in termini di quantità. Come intervenire per invertire un trend così pericoloso?

Su questo tema L’Informatore Agrario ha stimolato un confronto tra Raffaele Borriello, direttore generale dell’Ismea, Alessandro Olper docente di economia agraria all’Università di Milano e Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano e presidente di Origin, l’Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche.

I numeri dell’anno scorso – dicono gli esperti – indicano la necessità di un intervento tempestivo e strutturale per rafforzare l’internazionalizzazione e la valorizzazione dei nostri prodotti all’estero.

Senza si rischia, in prospettiva e in un contesto internazionale sempre più agguerrito, di perdere competitività. Al problema dell’assenza di investimenti pubblici per migliorare servizi essenziali per le imprese come ad esempio le infrastrutture logistiche, si aggiunge poi quello degli investimenti delle aziende dell’agroalimentare in calo continuo negli ultimi anni, seppure la tendenza recente mostri una leggera ripresa. Senza adeguati investimenti del nostro sistema delle imprese, recuperare quote di mercato all’estero rischia di diventare una chimera.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 30-31/2019
Export agroalimentare, l’Italia rischia di perdere competitività
di N. Castellani
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