Sfuggire alle gelate con la potatura invernale tardiva

Il cambio climatico ha determinato e determinerà un anticipo delle fasi fenologiche sottoponendo le viti al rischio di danni da gelo; potando quando nella parte apicale del germoglio sono presenti al massimo 2-3 foglie distese si posticipa il germogliamento anche di 15-20 giorni.

Potare la vite «tardi» al fine di procrastinare in avanti il germogliamento, non è pratica nuova. Tuttavia, prudenza vuole che il limite temporale estremo oltre il quale non ci si vuole spingere sia quello della classica gemma «gonfia o cotonosa». Potare a gemma «gonfia» solitamente comporta una breve sospensione del processo di germogliamento e consegue un ritardo, in giorni, veramente modesto (2-4 giorni). La tecnica che si propone, in certo senso, «estremizza» questo concetto cercando, ovviamente di evitare effetti collaterali negativi.

Il principio fisiologico che la potatura tardiva sfrutta è quello della dominanza che, su un tralcio di vite, esercitano le gemme apicali su quelle mediane e basali e che, al momento del germogliamento, si manifesta in termini di «acrotonia». Qualsiasi formazione produttiva della vite, sia esso sperone o tralcio di varia lunghezza, obbedisce alle regole dell’acrotonia: ovvero le prime gemme a schiudere sono quelle apicali seguite poi da quelle sottostanti.

È peraltro evidente, sotto il profilo fisiologico, che le condizioni che più di altre influenzano l’acrotonia, sono: lunghezza e posizione del tralcio nello spazio. A titolo di esempio, un tralcio lungo mantenuto in posizione verticale esalta al massimo i principi dell’acrotonia che sarà inevitabilmente più accentuata di quella ritrovata in uno sperone o in un tralcio orizzontale o piegato. Volendo inquadrare la tecnica della potatura tardiva sotto il profilo «sociologico» potremmo dire che la finalità è quella di «ingannare» l’evento climatico avverso, sacrificando, volontariamente, alcuni germogli e preservandone, al tempo stesso, altri.

Come e quando

Il come e il quando della potatura invernale tardiva vanno tarati in funzione di due principi ormai acclarati e, purtroppo, in contrasto tra loro:

  • più ritardo la potatura, maggiore sarà anche il ritardo del germogliamento e quindi la possibilità di sfuggire alla gelata tardiva;
  • più ritardo la potatura, maggiore sarà anche il possibile contraccolpo negativo sulla produzione dell’anno corrente.

È pertanto evidente che l’affidabilità della tecnica si gioca sulla possibilità di trovare una soluzione intermedia che mantenga la prima caratteristica e che elimini, o minimizzi, la seconda.

Fattibilità della tecnica

La principale conclusione che vorremmo lasciare a corredo di questa nota ha l’ambizione di intercettare un probabile pensiero che aleggia nella mente del lettore: la fattibilità della tecnica è evidentemente vincolata alla necessità di attendere inizio primavera almeno per l’esecuzione della rifinitura. Specie nel caso di aziende di medie-grandi dimensioni, che spesso si affidano a manodopera in conto terzi, questa esigenza pare creare seri problemi logistici.

Tuttavia, la «buona» innovazione entra sempre in punta di piedi in azienda: ciascun viticoltore sa bene quali sono i vigneti che, per varie ragioni, sono più esposti al rischio di gelata tardiva e, su quelli, dovrà primariamente concentrarsi. Acquisita dimestichezza e, soprattutto «fiducia», nella tecnica, potrà poi associarla ad altri accorgimenti utili a prevenire in maniera sempre più efficace il danno da gelata tardiva in vigneto.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 1/2022
Sfuggire alle gelate con la potatura invernale tardiva
di S. Poni
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