Indagine Nomisma: il vino al ristorante

Una ricerca svolta da Nomisma Wine Monitor per l’Istituto del vino italiano di Qualità – I Grandi Marchi – sull’evoluzione dei consumi di vino al ristorante ha messo in luce come – prima dell’ultima stretta imposta dal Governo per arginare la diffusione dei contagi – il coronavirus aveva “piegato ma non spezzato” la ristorazione italiana, con quasi un terzo degli intervistati che addirittura prevedeva un forte recupero delle vendite di vino nel prossimo anno, superiore ai valori del 2019, contro un 50% che comunque stimava un analogo livello (e quindi solo un 17% che vedeva “nero”).

Non che il precedente il lockdown non avesse prodotto impatti rilevanti, tutt’altro. Si pensi infatti che per rispondere alle restrizioni imposte per garantire le distanze di sicurezza tra i commensali, solamente il 23% dei ristoranti intervistati ha potuto riaprire prima dell’estate mantenendo la medesima capacità operativa del pre-lockdown. Tutti gli altri hanno dovuto rinunciare a coperti e posti a sedere (l’80% dei ristoranti intervistati, di cui l’8% ha eliminato fino al 50% del numero dei posti a sedere!) e anche dal punto di vista organizzativo le modifiche sono state sostanziali, dagli investimenti nella formazione sulle nuove norme igienico-sanitarie (55% degli intervistati) al minor impiego di personale (40%) fino a cambiamenti anche nei menù e nella wine list (20%) dove a farne le spese sono stati soprattutto i vini stranieri proposti in carta (il 23% dei ristoranti ha ridotto o addirittura eliminato le etichette estere proposte). Al contrario, i vini locali e/o dello stesso territorio del ristorante, sono quelli ad aver subito meno “tagli”, con l’11% dei rispondenti ad aver dichiarato di aver invece aumentato il numero di referenze in carta.

Se dal mercato nazionale ci spostiamo su quello estero, le dinamiche sono indubbiamente simili anche se occorre segnalare, prima di tutto, come il nostro export – misurato sui primi 7 mesi – sia di segno negativo:  -3,3%, con gli spumanti che registrano perdite superiori (-7,6%). E’ indubbio che il calo delle nostre esportazioni sia stato determinato dai medesimi provvedimenti restrittivi applicati nei diversi Paesi mondiali e che hanno, molto spesso, in comune la chiusura della ristorazione e dei wine bar. Un provvedimento che penalizza soprattutto i vini spumanti e i “fine wines” che trovano nell’on-trade il principale canale di elezione.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 6/2020
Mercato del vino a velocità alternata
di D. Pantini
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