L’anno orribile del riso italiano

La devastante siccità di questo 2022 sta provocando danni gravissimi a tutta l’agricoltura ma il riso, in particolare, rischia di vedere gravemente penalizzata la produzione.

Nell’area del Pavese, dove i terreni sono più sabbiosi e permeabili, la riduzione di produzione potrebbe raggiungere livelli molto alti, ben superiori al 50%; molte risaie sono già completamente secche. Migliore la situazione nel Novarese, ma comunque preoccupante «perché la coltura è in una fase fenologica molto delicata: la spigatura – spiega Giovanni Chiò, risicoltore di San Pietro Mosezzo e presidente di Confagricoltura Novara – a causa della carenza idrica sta avvenendo con difficoltà e la formazione delle pannocchie non è uniforme».

Il Vercellese, servito dal Consorzio Irriguo Ovest Sesia, nel panorama generale vive una situazione migliore. L’acqua d’irrigazione arriva dal fiume Dora Baltea che si approvvigiona dai ghiacciai della Valle d’Aosta; la siccità si fa sentire e le portate sono fortemente ridotte. Le coltivazioni non sono allo stremo, ma le alte temperature in fioritura comportano il rischio sterilità per la coltura del riso; tuttavia alcune situazioni critiche si segnalano già nel Basso Vercellese, in particolare nella zona di Pezzana.

«Complessivamente quest’anno la superficie a riso ha subìto una contrazione di 9.000 ettari – dichiara Paolo Carrà, presidente dell’Ente Risi – passando da 227.000 a 218.000 ettari: i sostegni comunitari accoppiati per il riso e i prezzi del risone in tensione hanno avuto la meglio sui timori per la siccità, ma adesso la situazione è critica. Inoltre, una produzione interna ridotta e di conseguenza prezzi elevati potrebbero spingere alcuni operatori ad approvvigionarsi di riso d’importazione, creando in prospettiva difficoltà per la tenuta delle posizioni di vendita di prodotto italiano».