La coltivazione della soia di secondo raccolto rappresenta un’opportunità concreta per le aziende agricole del Nord Italia che dispongono di tecnologie adeguate e disponibilità di irrigazione.
I vantaggi in termini di redditività, rotazione, uso efficiente del suolo e sostenibilità ambientale sono evidenti, soprattutto in un contesto in cui la resilienza climatica e l’intensificazione sostenibile diventano priorità.
Per l’agricoltore, l’integrazione della soia di secondo raccolto nella pianificazione colturale annuale può rappresentare una leva strategica, tenendo ben presente che, come tutte le colture, va prestata particolare attenzione ad alcuni aspetti agronomici.
I 4 punti chiave dell’agrotecnica
Sul lato della tecnica colturale gli elementi chiave prevedono:
- tempestività nelle semine, ossia anticipare prima possibile la semina (entro fine giugno);
- conservare l’umidità nel terreno;
- favorire l’emergenza delle piante ed evitare la competizione delle malerbe;
- evitare un eccessivo allungamento del ciclo produttivo e quindi eventuali difficoltà di raccolta.
L’importanza del gruppo di maturazione
La varietà di soia più adatta per il secondo raccolto deve essere individuata in base al suo gruppo di maturazione, il quale si orienta a sua volta sulla lunghezza del ciclo vegetativo e quindi sulla probabile epoca di raccolta.
Per il secondo raccolto nella maggior parte degli areali della Pianura Padana vanno preferite varietà che rientrano nei gruppi 0+ e 1-. È infatti meglio orientarsi su un ciclo vegetativo ridotto (95–115 giorni) per garantire la raccolta entro la prima metà di ottobre, prima dell’arrivo delle piogge autunnali.
Un’attenzione particolare merita la pratica dell’irrigazione, che diventa l’intervento indispensabile per compensare il deficit idrico estivo e che si può quantificare da 2 a 4 apporti di soccorso.
Considerazioni pratiche sulla semina
La soia può essere coltivata in diversi tipi di terreno. Sono da evitare i suoli eccessivamente calcarei (oltre il 10%) perché si possono verificare fenomeni di clorosi ferrica che limita la formazione e la funzionalità dei noduli e più in generale riduce l’accrescimento della coltura.
Gli interventi sul terreno devono garantire alla pianta un ambiente idoneo all’accrescimento attraverso il miglioramento dell’uso dell’acqua, il contenimento della flora infestante, la conservazione della sostanza organica e, in particolare, un’omogenea distribuzione del sistema radicale lungo il profilo. La preparazione del terreno può avvenire tramite la tradizionale aratura, anche se non molto profonda (20-25 cm), oppure, quando le infestanti sono state poste sotto controllo e non rappresentano più un problema, si può intervenire con una minima lavorazione o addirittura con la semina diretta su terreno compatto.
In tutti i casi vale la pena limitare l’eccessiva trafficabilità del suolo, contenendo il numero dei passaggi, da un lato, e garantirsi un suolo sufficientemente affinato e ben livellato in superficie dall’altro.