Nocciolo: scegliere la varietà in base all’ambiente

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Il nocciolo sta guadagnando notevole interesse nel mondo produttivo come opportunità per diversificare le produzioni.
Il nocciolo, come del resto tutta la frutta secca, gode di una particolare situazione di mercato di lungo periodo, dove i consumi sono in crescita e la produzione rimane stabile.
L’Italia è il secondo produttore dietro la Turchia, fornendo circa il 15% della produzione mondiale. Storicamente, la corilicoltura italiana ha prosperato in areali più o meno ristretti, collocati a Nord, nell’area delle Langhe; al Centro, nella provincia di Viterbo; nel Sud, in Campania, principalmente nelle provincie di Caserta, Avellino e Salerno, e in Sicilia sulle pendici dell’Etna. L’apparentemente ampia distribuzione della coltura dal Nord al Sud del nostro Paese può indurre a facili semplificazioni sull’estrema adattabilità del nocciolo a climi molto differenti. Va però sottolineato che a questa elevata ampiezza di dislocazione delle aree storiche sul territorio nazionale bisogna contrapporre che in ogni areale il nocciolo viene coltivato quasi in monocoltura, in nicchie caratterizzate da condizioni ambientali e pedologiche estremamente particolari.
Questo indica che il nocciolo può sopravvivere in un ampio range di condizioni, ma l’ottenimento delle rese produttive necessarie per rendere la coltura altamente redditiva è vincolato alla scelta dell’ambiente e alla possibilità di applicare tutte le tecniche agronomiche (irrigazione, concimazione, gestione della chioma, ecc.) che consentono di raggiungere le potenzialità produttive della coltura e di sopperire a eventuali condizioni ambientali non ottimali.
Il grande sviluppo che questa coltura sta vivendo nelle aree lontane e limitrofe a quelle storiche necessita quindi di un’accurata valutazione delle esigenze ambientali del nocciolo. Tra queste, oltre ai fattori che vengono comunemente presi in considerazione, è necessario quantificare anche l’incidenza dei fenomeni di stress connessi alle alte temperature estive e all’abbassamento dell’umidità relativa.
Questi due fattori sono riassunti dalla VPD (deficit di pressione di vapore) che può essere definita operativamente come la capacità dell’aria di assorbire acqua.
La VPD da un lato è il motore della traspirazione delle piante, dall’altro può rappresentare una forte limitazione anche in condizioni dove la disponibilità idrica è abbondante. Il nocciolo è una specie relativamente sensibile a questo parametro, se confrontata per esempio con la vite.
La VPD è sicuramente uno degli aspetti da considerare, ma sicuramente non è l’unico da valutare. Nell’impiantare nocciolo in aree non tradizionali, soprattutto se in climi caldi e secchi, la VPD può diventare un fattore limitante a cui non è facile sopperire con la tecnica. La maggiore conoscenza delle caratteristiche delle varietà commercialmente più adatte e lo sfruttamento della variabilità all’interno della specie può aiutare ad avere una leva in più per contenere gli impatti di un ambiente non ottimale e di eventuali ondate di caldo sempre più frequenti negli ultimi anni.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 9/2019
Nocciolo: scegliere la varietà in base all’ambiente
di Sergio Tombesi
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