Con il genome editing la ricerca italiana migliora gli agrumi

arance

Mentre si attende che la legislazione europea permetta finalmente l’utilizzo delle nuove tecniche di miglioramento genetico, la ricerca pubblica italiana non si ferma e, pur nell’impossibilità di fare sperimentazione in campo, ottiene interessanti risultati.

È dei giorni scorsi la notizia che il Crea, con il suo Centro di olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura (OFA) grazie alla tecnica del genome editing è riuscito a migliorare per la prima volta i caratteri qualitativi degli agrumi, realizzando frutti ad elevato valore aggiunto, in grado di contribuire a migliorare lo stato di salute dei consumatori.

Partendo da 5 diverse arance dolci pigmentate con antociani, appartenenti ai gruppi varietali Tarocco e Sanguigno, e il citrange “Carrizo”, un portinnesto di agrumi utilizzato come modello per la trasformazione degli agrumi, sono state prodotte varietà di arancio pigmentato ricche in antocianine che saranno in grado, nel prossimo futuro, di produrre frutti che conterranno anche licopene.

Attraverso l’editing, infatti, è stato disattivato il gene della beta ciclasi, responsabile della trasformazione del licopene in beta carotene (il metabolita che conferisce il classico colore arancione a frutta e verdura), consentendo, quindi, alle arance, già rosse per la presenza di antocianine, di accumulare nel prossimo futuro anche licopene.

«Questa è la prima volta in cui la ricerca ha utilizzo il genome editing per produrre varietà di agrumi con antociani e licopene nella loro polpa– spiega Concetta Licciardello, primo ricercatore Crea-OFA e coordinatrice del lavoro -, questi tratti, infatti, sono difficili da combinare attraverso approcci di miglioramento genetico tradizionali. Gli agrumi più diffusi e consumati presentano o l’uno o l’altro composto. Il genome editing negli agrumi, che ad oggi era stato utilizzato esclusivamente per introdurre resistenza contro la malattia del cancro degli agrumi nel pompelmo e nell’arancio dolce, è stato per la prima utilizzato per far sì che le arance con antocianine potessero anche produrre licopene».