Lo scenario insostenibile di un’agricoltura senza agrofarmaci

Dialogo e confronto basato su dati verificati ed attendibili sono le chiavi per fare chiarezza sulle «fake news» che aleggiano da anni sull’uso e sul ruolo degli agrofarmaci in agricoltura.
Questo il messaggio che Federchimica-Agrofarma ha voluto lanciare a Macfrut 2019 durante la Tavola Rotonda «Una mela al giorno. Il contributo degli agrofarmaci per una filiera sicura e di qualità.»
«L’uso corretto degli agrofarmaci, così come l’importanza del loro utilizzo razionale per la sicurezza alimentare sono temi tanto importanti quanto troppo spesso travisati, soprattutto sui media generalisti. L’impegno di Agrofarma è, e sarà sempre più, quello di dialogare con tutti gli interlocutori per fare chiarezza nei confronti del pubblico e sfatare i troppi miti che girano attorno a queste tematiche» ha detto in apertura dei lavori Alberto Ancora, presidente Federchimica-Agrofarma.
Il rapporto sul ruolo degli agrofarmaci presentato all’evento e realizzato dallo Spin off dell’Università Cattolica VSafe ha proprio questo intento: «valutare il reale contributo degli agrofarmaci e delle loro diverse strategie di utilizzo nella difesa delle nostre principali filiere agroalimentari» ha evidenziato Gabriele Canali, economista agrario dell’Università Cattolica e presidente di VSafe.

Da sinistra: Gabriele Canali, Luciano Capone (moderatore) e Alberto Ancora

Zero agrofarmaci: scenario insostenibile

Lo studio ha stimato l’effetto in termini di riduzione delle rese tra le modalità produttive che prevedono una difesa dai patogeni, cioè produzione integrata e biologica, e uno scenario senza l’ausilio di agrofarmaci, siano essi di derivazione chimica o naturale.
Come è facile immaginare uno scenario con «zero agrofarmaci» determinerebbe, a causa del crollo delle rese produttive, una sensibile riduzione dell’offerta di prodotti nazionali che porterebbe ad una sostituzione dei prodotti nazionali con prodotti di importazione e un innalzamento dei costi di produzione per gli agricoltori nazionali, con possibili effetti in termini di aumento dei prezzi al consumatore. Lo studio evidenzia inoltre come le rese produttive nello scenario «senza difesa» subiscano una riduzione che come minimo raggiunge il -57% (grano tenero), mentre nel peggiore dei casi si registra un azzeramento quasi totale della produzione (ed es. pomodoro da industria -81 %, riso -84%, mais -87%). «Nel complesso delle dieci filiere considerate (grafico 1) – ha evidenziato Canali – questo scenario comporterebbe una perdita di più di due terzi della produzione, sia in termini produttivi sia economici.

Sotto quest’ultimo aspetto, inoltre, gli effetti stimati sul fatturato delle industrie connesse a queste filiere porterebbero ad una riduzione da 34,8 miliardi a 7,8 miliardi di euro con un calo molto consistente anche nel numero di occupati nelle industrie connesse alle filiere analizzate».
Sempre con riferimento alle sole filiere analizzate, una riduzione delle esportazioni pari a 6,8 miliardi, e un aumento delle importazioni stimato in oltre 3 miliardi di euro.

Fare rete in filiera contro i pregiudizi

Alla presentazione dei dati del rapporto ha fatto seguito una Tavola Rotonda che ha coinvolto la filiera ortofrutticola italiana dalla produzione alla distribuzione passando per le istituzioni regionali, erano presenti infatti Simona Caselli, assessore all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna; Alessandro Dalpiaz, direttore Assomela; Luca Magnani, direttore assicurazione qualità Esselunga e Davide Vernocchi, presidente Apo Conerpo.
La discussione ha affrontato i temi caldi della questione: anti scientificità e pregiudizi nei confronti dell’impiego razionale della chimica in agricoltura, che vanno smantellati con razionalità ed approccio scientifico ma soprattutto lavorando in rete, dal campo allo scaffale del supermercato. Un’approccio questo che ha visto d’accordo tutti i partecipanti.

 

Lorenzo Andreotti