Non sono le importazioni il problema del grano duro

Analizzando i prezzi degli ultimi vent’anni del grano duro sono evidenti le oscillazioni cicliche che hanno portato a picchi di prezzo nel 2008-2009, 2015-2016 e di nuovo nel 2022 quando, ad esempio, le quotazioni hanno toccato un picco di 514 euro/tonnellata, seguito da repentine cadute.

Giuseppe L’Abbate

Questo quanto evidenzia Giuseppe L’Abbate, già sottosegretario di Stato alle Politiche agricole, nel suo Punto di vista pubblicato su L’Informatore Agrario n.37/2025, .

Secondo L’Abbate quello delle importazioni è un mito da sfatare: stando ai dati Ismea, il prezzo del grano duro estero è mediamente più alto di quello nazionale.
Perciò, le importazioni non possono essere considerate la causa diretta del calo dei prezzi interni.
Il vero nodo è la mancanza di una strategia organizzativa efficace.

Filiera e aggregazione: la chiave per il futuro

La soluzione passa attraverso contratti di filiera, cooperazione e gestione collettiva degli stoccaggi.
Solo un’aggregazione forte può garantire agli agricoltori potere contrattuale e stabilità.
Oggi, i pastifici pianificano le forniture con anni di anticipo, ma serve una voce unica per dialogare con l’industria.

Stoccaggio differenziato per valorizzare la qualità

Nei principali Paesi produttori, il grano duro viene classificato per qualità, mentre in Italia prevale la logica del “prodotto medio”.
Senza un sistema di stoccaggio differenziato, la qualità italiana perde valore e competitività.
Organizzare l’offerta è quindi essenziale per superare il problema del grano duro e rafforzare il settore.

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2025
Non sono le importazioni il problema del grano duro
di G. L’abbate
Per leggere l’articolo completo abbonati a L’Informatore Agrario