Caseifici sotto indagine: presunte pratiche sleali verso gli allevatori

Il comparto della trasformazione casearia italiana ha concluso il 2020 ricevendo un duplice cartellino rosso: il primo da parte dei fornitori di materia prima (gli allevatori) e un altro dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Infatti, mentre gli allevatori rimbalzavano al mittente la proposta dell’industria casearia di ridurre il prezzo del latte a soli 36 centesimi, l’Agcm avviava le istruttorie nei confronti di 14 caseifici (acquirenti di latte crudo vaccino e ovi-caprino) tacciati di presunte pratiche sleali a danno dei propri conferitori.

L’indagine, attualmente in corso, punta il dito sulla specifica violazione dell’art 62 del decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012, riferito alla corretta gestione delle relazioni commerciali lungo la filiera agroalimentare. In questo frangente, su specifica segnalazione dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) operante presso il Mipaaf, sono stati avviati i procedimenti indirizzati ad accertare possibili violazioni delle prescrizioni in materia di pratiche commerciali scorrette.

I controlli, eseguiti sul territorio nazionale nel periodo 2018-2020 (nonostante l’emergenza sanitaria dovuta al virus Covid-19), hanno evidenziato talune criticità riferite all’assenza di contratti scritti ovvero al mancato rispetto della durata minima di 12 mesi degli stessi, ai documenti commerciali non conformi agli standard previsti per legge, alla inespressa indicazione della quantità di latte commercializzata, alla mancata fissazione del prezzo del latte con l’aggiunta di clausole di revisione progressivamente al ribasso, oltre alla noncuranza dei termini di pagamento, laddove è stata rilevata l’omissione del rimborso degli interessi di mora legalmente previsti. In modo particolare, le verifiche hanno riguardato i prezzi per la cessione del latte, indicati nel contratto per accertare che tali valori non fossero inferiori ai costi di produzione rilevati mensilmente dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare – Ismea.

Infatti, i contratti relativi alla cessione dei prodotti agricoli devono rispettare talune prescrizioni, quali l’essere stipulati in forma scritta, avere durata non inferiore a 12 mesi, riportare chiaramente il prezzo di acquisto dalla materia prima, non prevedere clausole retroattive o extracontrattuali, non applicare condizioni diverse per prestazioni equivalenti, non subordinare la propria conclusione alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto del contratto, non implicare la realizzazione di indebite prestazioni unilaterali e, infine, non adottare condotte commerciali di abuso favorito dalla posizione dominante di uno dei contraenti.

Facendo seguito alle segnalazioni da parte di Icqrf, l’Agcm è pertanto intervenuta esercitando il ruolo di vigilanza sull’applicazione delle diposizioni nazionali, alla quale seguirà, in caso di verificata trasgressione della norma, l’eventuale assegnazione delle sanzioni previste per legge.

L’azione sinergica posta in essere da Mipaaf, Icqrf e Agcm è stata sostenuta con insistenza e costanza, proprio per eludere eventuali tentativi di speculazione sul prezzo del latte (bovino, ovino e bufalino), circostanza che potrebbe essere stata favorita dal periodo difficile (dovuto al Covid-19) nel quale si sono verificate situazioni di ritiro limitato del prodotto da parte dei caseifici. A tal proposito l’Ispettore generale capo di Icqrf, Felice Assenza, ha assicurato che continuerà «a svolgere questa attività con la massima attenzione, in particolare per i settori più a rischio e più sensibili, come il comparto lattiero caseario. Contrastare le pratiche sleali è un obiettivo di primaria importanza per migliorare la trasparenza del mercato, per bilanciare la catena alimentare, per rendere più equa la distribuzione del valore aggiunto, per rafforzare la posizione dei nostri agricoltori e allevatori all’interno delle filiere e per assicurare la giusta remunerazione dei prodotti agricoli. La particolare sensibilità della problematica – ha ricordato – è oggetto di una precisa Direttiva UE sulle pratiche sleali che stabilisce un quadro comune di regole e orientamenti sui quali gli Stati membri dovranno procedere a definire in modo puntuale le relative disposizioni nazionali, nell’ambito delle quali l’Icqrf dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano, per raggiungere obiettivi di maggiore trasparenza del mercato a beneficio della filiera e dei consumatori».

Ilenia Cescon