Toh, chi si rivede: il Ceta

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L’Italia «è molto pragmatica» sugli accordi commerciali europei: ce ne sono «alcuni» che, secondo i dati, «sono andati a vantaggio delle nostre produzioni o ci mettono in condizione di competere con produttori di altri continenti e su questi accordi si può discutere in Parlamento per arrivare alla sottoscrizione». Così si è espresso il ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, durante un punto stampa a Bruxelles, precisando che l’accordo Ue-Canada (Ceta) rientra tra questo tipo di intese commerciali, mentre su altre come quella con i Paesi del Mercosur «bisogna prestare maggiore attenzione».

Così, a quasi 5 anni dalla sua entrata in vigore provvisoria, era il settembre 2017, e dopo polemiche e stroncature trasversali nel mondo politico ed economico, l’accordo di libero scambia tra Ue e Canada potrebbe finalmente essere approvato anche dall’Italia.

Lollobrigida si è detto favorevole ad «aprire una riflessione su questi dati» e a discuterne «non solo con le forze politiche ma anche con le organizzazioni datoriali per garantire lo sviluppo delle nostre imprese».

Forse, dopo 5 anni, si è visto che l’accordo non ha «ucciso il made in Italy» come sosteneva qualcuno (che fine ha fatto «l’invasione di carne canadese agli ormoni»?), e anzi ha portato diversi vantaggi a molte nostre imprese che esportano sul mercato canadese.

Mentre il Ceta è già parzialmente in vigore a livello comunitario, il patto tra l’Ue e i Paesi del Mercosur deve ancora essere ratificato dai Ventisette.