Origine in etichetta: adesso che succede?

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L’Italia accelera sull’indicazione obbligatoria dell’origine delle materie prime in etichetta. Ma, a un mese dalla fine dei regimi temporanei, non è ancora chiaro cosa succederà di preciso nelle diverse situazioni nazionali, messe nero su bianco nei decreti.

Il 26 febbraio scorso l’Italia ha seguito l’esempio di Francia e Finlandia e ha notificato alla Direzione generale salute della Commissione europea l’intenzione di andare avanti, con un decreto fatto di un solo articolo, che modifica quello che stabilisce l’indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri-caseari estendendo la sua efficacia di un anno e mezzo, dal 31 marzo 2020 al 31 dicembre 2021.

Prima questione aperta: la procedura prevede tre mesi per la notifica e, senza opposizione da parte della Commissione, la proroga sarebbe accettata. Però la notifica è tardiva rispetto a un decreto italiano che fissava la scadenza della norma al 31 marzo.

Sempre che la Commissione non decida di rifiutare la proroga da subito, che succede tra il 1° aprile – quando entrerà in piena applicazione il regolamento 775 del 2018 sulle norme sull’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento – e il 26 maggio, quando scadranno i tre mesi per la concessione della proroga?

Seconda questione aperta: l’Italia ha anche fatto valere sul territorio nazionale decreti per l’origine del grano nella pasta, del riso e del pomodoro, che non sono stati mai notificati a Bruxelles. O meglio, sono stati notificati, poi però la notifica è stata ritirata e la Commissione europea ha accettato di chiudere un occhio, anzi tutti e due.
Come chiedere proroghe per decreti che in teoria sono ignoti a Bruxelles?

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 9/2020
Origine in etichetta: adesso l’Europa deve decidere
di A. Di Mambro
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