Le carni avicole vincono la sfida Covid

Ha tenuto meglio di altri il settore delle carni bianche in tempo di Covid. Questo grazie alla presenza di una filiera nazionale autosufficiente per il 108% e ben integrata, che non ha quindi risentito di problemi legati alla dipendenza dall’estero.

È quanto emerge dal Rapporto Ismea sulla filiera avicola che, negli ultimi mesi, ha saputo sviluppare nuove linee e confezionati, riuscendo a dar maggior durabilità e flessibilità ad una buona fetta dei propri prodotti e assecondando le esigenze dei consumatori.

Il risultato è stato evidente, perché nel mese di marzo, in pieno lockdown, sono stati superati i 31 milioni di kg di consumi, in aumento rispetto alla media mensile degli ultimi 5 anni del 25%.

Un contesto positivo per la filiera che, secondo il Rapporto, ha risentito meno della contrazione generalizzata degli acquisti di carne rilevate sempre negli ultimi 5 anni. Le avicole, infatti, si sono difese meglio limitando le perdite a -2,2%, contro il -26% della carne cunicola, il -9% di quella suina e il -4% della carne bovina.

A livello europeo, segnala ancora Ismea, l’Italia è il settimo produttore, puntando su innovazione, differenziazione e miglioramento degli standard qualitativi degli allevamenti e delle carni, piuttosto che sull’espansione geografica del mercato. Una produzione che negli ultimi 3 anni ha viso aumentare polli (+8%) e galline (+17%) e un calo, invece, per il tacchino (-3%).