La guerra dei Caa tra liberi professionisti e Agea

Le ultime disposizioni di Agea riguardo i Caa – Centri di assistenza agricola hanno dato suscitato una reazione molto dura da parte dei liberi professionisti. La vicenda è riassunta in un comunicato del Collegio degli agrotecnici e agrotecnici laureati.

I Caa, per poter prestare la propria attività, debbono ogni anno sottoscrivere una «Convenzione» con Agea che ne regola i rapporti: senza la Convenzione un Caa non può operare.

Con queste premesse, al momento di proporre (peraltro con ritardo, ad anno ampiamente iniziato) ai Caa la «Convenzione 2020» Agea ha imposto che, a partire dal mese di settembre prossimo, tutti gli operatori dei Caa e così pure chi accede ai sistemi informativi di Agea debbano essere lavoratori dipendenti del Caa o delle società con esso convenzionate (cioè le società di servizio, tipicamente dei sindacati agricoli).

Una disposizione che avrà come effetto la chiusura e messa in liquidazione dei Caa dei liberi professionisti e l’interruzione dei rapporti lavorativi dei professionisti che collaborano con i Caa, provocando la chiusura di centinaia di studi professionali ed il depauperamento del reddito di un numero assai più elevato di liberi professionisti.

Si tratta – conclude il Collegio degli agrotecnici – di una aggressione ai liberi professionisti del settore agrario che non ha precedenti nella storia italiana.

«Agea è un Ente pubblico – ha dichiarato Roberto Orlandi, presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati – ed è quindi tenuto ad operare secondo principi di imparzialità, trasparenza ed efficacia, garantendo un adeguato livello di servizio e la massima concorrenza fra i Caa. Qui invece siamo in presenza di un fatto inaudito: un Ente pubblico che cerca di imporre un dumping nel settore dei Caa, escludendo (con una clausola illegittima) i soggetti più capaci e preparati dal settore dei servizi tecnici alle aziende agricole, contemporaneamente favorendo i soggetti oggettivamente meno preparati. Sia chiaro: non glielo permetteremo».