I dubbi di Copagri sul decreto Sostegni

Non tutti hanno apprezzato in toto quanto contenuto nel «decreto Sostegni», di recente varato dal Governo. Copagri fa notare come potrebbero essere molto poche le imprese agricole che accederanno ai ristori, che costituiscono una delle tre principali misure varate per allievare l’impatto della pandemia sul settore agricolo.

Il presidente della Copagri Franco Verrascina sottolinea che «Pur riconoscendo l’impegno dimostrato dal Governo, e in particolare dal ministro dell’agricoltura Stefano Patuanelli, grazie al quale è stata incrementata la dotazione del Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole istituito presso il Mipaaf e si è intervenuto sui contributi previdenziali per i lavoratori agricoli, non possiamo mancare di evidenziare come saranno pochissime le imprese agricole che potranno beneficiare delle misure di ristoro previste dal decreto Sostegni».

In particolare, l’organizzazione agricola ritiene che «i parametri di accesso in termini di fatturato risultano essere fortemente penalizzanti per le imprese agricole, il cui lavoro, come noto, segue i cicli biologici della natura; le aziende agricole, infatti, a differenza di quelle di numerosi altri comparti, non hanno la possibilità di chiudere i battenti e devono quindi sostenere sia i costi fissi che quelli variabili, dovendo al contempo fare i conti con le numerose e ataviche problematiche che gravano sul primario, che richiederebbero ben altre risorse rispetto ai circa 450 milioni di euro stanziati con quest’ultimo provvedimento» spiega Verrascina, che aggiunge come «a parità di calo di fatturato, la perdita economica per le imprese agricole è sensibilmente maggiore».

Copagri non manca però di evidenziare infine un pregio dell’ultimo provvedimento che esige «circa 20 provvedimenti necessari all’attuazione delle disposizione contenute nel testo, cifra nettamente inferiore a quella dei precedenti decreti varati durante la pandemia, quali ad esempio il decreto Rilancio o il decreto Cura Italia, che prevedevano addirittura oltre il triplo dei testi attuativi».
Filippo De Grazia