Il made in Italy parte dal seme

Eugenio Tassinari

L’ Italia, con una superficie investita di 240.000 ha, è leader europeo nel comparto della produzione di sementi. «Il settore è di eccellenza, ma ancora di più lo potrebbe essere se vi fosse maggiore attenzione politica».

A sottolinearlo è Eugenio Tassinari, presidente di Assosementi e Convase, il consorzio impegnato nell’esecuzione di convenzioni e programmi con enti pubblici di ricerca e con le organizzazioni dei produttori agricoli, per la valorizzazione delle sementi.

Presidente, è poca l’attenzione politica per il settore sementiero?

Diciamo che non è omogenea; solo alcune Regioni italiane (Emilia-Romagna, Marche e Umbria) da tempo hanno riconosciuto l’elevato contributo che il settore sementiero è in grado di assicurare allo sviluppo e alla competitività e sono intervenute con leggi che consentono, da un lato di gestire correttamente le produzioni sementiere e il territorio, dall’altro di garantire agli agricoltori produzioni con redditività più elevata.

La materia fitosanitaria è di competenza regionale, ma lei chiede un nuovo ruolo per il Masaf.

Sugli aspetti di carattere fitosanitario andrebbe assegnato al Ministero il ruolo di indirizzo operativo e non solo di coordinamento, come ha oggi.

Attualmente, essendo la materia in capo alle Regioni, c’è una mancanza di uniformità di comportamento e di interazione con gli enti pubblici per la certificazione sementiera e per quella fitosanitaria che, inevitabilmente, disorienta le ditte che producono sementi su tutto il territorio nazionale ma poi devono rapportarsi con referenti diversi.

Per non parlare poi delle problematiche legate alla ridotta disponibilità di personale degli enti certificatori, che si traduce in rallentamenti delle analisi e delle certificazioni e quindi in ripercussioni negative sulle ditte sementiere.

Presidente, perché il made in Italy ha bisogno del seme certificato?

Il made in Italy è apprezzato in tutto il mondo perché sinonimo di qualità, ma tale qualità non può prescindere da quella del seme. Il seme certificato contribuisce a migliorare la produzione non solo in termini di quantità, ma di qualità.

Mi chiedo: oggi parliamo tanto di agricoltura di precisione, ma come possiamo realizzare una semina di precisione se non conosciamo la germinabilità del seme che utilizziamo?

Come possiamo sfruttare le caratteristiche genetiche in merito alla capacità di accestimento della pianta se non siamo certi della varietà o della purezza della stessa?

Come possiamo realizzare la miglior difesa della coltura se non conosciamo le caratteristiche di resistenza o sensibilità genetica della coltura che stiamo coltivando?

I produttori hanno l’obbligo di utilizzo di seme certificato per ottenere l’aiuto accoppiato introdotto dalla nuova Pac; mi auguro che, più che come un obbligo, venga considerato dagli agricoltori come un incentivo volto a migliorare le produzioni agricole del nostro Paese.

Una delle battaglie che Assosementi e Convase sostengono da sempre è quella della «legalità».

Da anni collaboriamo con l’Ispettorato repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf ) finalizzato al controllo delle attività illegali nel settore sementiero.

Le illegalità creano un danno non solo economico; ad esempio, la vendita o lo scambio di granella non certificata a uso seme favorisce la diffusione di patogeni e infestanti, riduce il reddito dell’agricoltore e la qualità delle produzioni.

C’è poi la pratica del taleaggio che mette a rischio la diffusione di malattie virali e batteriologiche, la possibile riduzione e il ritardo della produzione.

La riproduzione delle sementi, se praticata con scarsa professionalità, può produrre piante con caratteristiche diverse da quelle desiderate.

Cosa si propone Convase con il marchio «Seme di qualità»?

Le aziende aderenti al consorzio Convase e operanti nel settore dei cereali a paglia, hanno ritenuto opportuno elevare ulteriormente, rispetto ai parametri di legge, gli standard qualitativi delle proprie produzioni, dando vita alla sezione «Qualità del seme», il cui obiettivo principale è garantire l’immissione sul mercato di sementi con elevati parametri qualitativi relativamente a sanità, origine, identità varietale, germinabilità, vigore, assenza di impurità, purezza specifica e purezza varietale del seme.

Questo impegno è identificabile dal marchio «Seme di qualità», che viene apposto sulle confezioni delle sementi, prodotte nel rispetto delle norme ISO e con un processo controllato da un ente di certificazione terzo, accreditato a livello internazionale.

Credo sia la risposta più concreta che il mondo sementiero possa dare all’agricoltore per permettergli di realizzare un’agricoltura che assicuri reddito e che sia sostenibile per l’ambiente. Possiamo cosi affermare che la qualità paga.

Gaetano Menna