Mattinata di studio e prove in campo sui robot quella svoltasi il 15 ottobre scorso a Legnaro (PD) presso l’Azienda Agraria Sperimentale “Lucio Toniolo” dell’Università patavina, per un convengo dal titolo: “Integrazione della robotica nelle azienda agricole: prime esperienze di applicazione in Veneto”.
L’incontro, promosso dai dipartimenti Dafnae (Department of Agronomy Food Natural resources Animals and Environment) e Tesaf (Dipartimento Territori e Sistemi Agro-Forestali) e patrocinato da FederUnacoma aveva come obiettivo di sondare il possibile livello di integrazione della robotica nelle aziende agricole, anche sulla base di esperienze, già in essere presso l’azienda agraria sperimentale padovana, e delle quali sono stati presentati i primi risultati all’interno del progetto Agritech, finanziato con i fondi del PNRR.
Spunti interessanti sono emersi dalle relazioni anche sul fronte delle normative attualmente vigenti che sembra non riescano stare al passo con l’evoluzione tecnologica potente che sta, invece, investendo il settore della robotica.
Presenti tra il pubblico, ospitato nell’aula Cantele, anche i rappresentati dei costruttori Robotti, l’azienda danese Agrointelli che, tramite il distributore commerciali italiano Spektra Agri ha venduto due dei suoi robot all’azienda sperimentale e Alpego, Caffini, DCM, Mascar, Maschio Gaspardo e Oliver, tutte società che collaborano con l’Università di Padova fornendo attrezzature da applicare ai robot.
“Si tratta di tecnologie convenienti e soprattutto già mature per essere introdotte nelle azienda agricole?Quale rapporto ci deve essere con il parco macchine già esistente in azienda, sono facili da utilizzare e a livello normativo come è la situazione? Queste alcune delle domande poste da Luigi Sartori del Tesaf che ha moderato l’incontro e alle quali hanno cercato di rispondere i relatori che si sono alternati al microfono.
“Nel corso degli anni – ha spiegato Sartori – abbiamo acquistato due robot portattrezzi e le relative attrezzature che servono per coprire quasi tutte le operazioni colturali che potrebbero avvenire nelle aziende agricole, sia per le colture erbacee sia per le orticole e i nostri sforzi sono ora indirizzati verso l’identificazione del livello possibile di integrazione presso gli agricoltori.
Il coordinatore di Agritech per l’Università di Padova Gianni Barcaccia di Dafnae ha illustrato le caratteristiche del progetto, finanziato per 320 milioni di euro a livello nazionale, organizzato in 9 spoke in vari atenei italiani. “L’obiettivo del progetto è molto semplice – ha spiegato Barcaccia – utilizzare le tecnologie per incidere sulla produttività e soprattutto sulla sostenibilità delle colture attraverso due direzioni precise: l’incremento dell’efficienza nell’uso delle risorse tecnologiche e dei mezzi tecnici e la selezione di varietà adatte a resistere o tollerare gli effetti del cambiamento climatico”.
Soddisfatto della giornata anche Francesco Morari di Dafnae e direttore dell’azienda Agraria Sperimentale Lucio Toniolo che, nel presentare l’attività, ha sottolineato soprattutto l’aumento del livello tecnologico delle operazioni agricole grazie all’introduzione della robotica che ha trasformato l’azienda agraria in un laboratorio di tecnologie innovative.
Della diffusione dei robot e delle normative di riferimento ha parlato Alessio Bolognesi, dell’Ufficio Tecnico di FederUnacoma. “Il mercato della robotica agricola – ha spiegato Bolognesi- è in crescita esponenziale, un trend evidente soprattutto all’estero nei Paesi dove la normativa è un po’ più permissiva.
Lo sviluppo di queste tecnologie è legato ad alcuni fattori messi bene in luce dal rappresentate di FederUnacoma come la mancanza di manodopera, soprattutto specializzata, la possibilità di sollevare l’operatore da operazioni ripetitive e frequenti, la razionalizzazione dell’uso degli input e la possibilità di un perfetto controllo delle operazione e della raccolta dei dati.
Limiti allo sviluppo sono il prezzo di acquisto, ancora molto alto, associato a pochi se non nulli, almeno sul mercato nazionale, studi che abbiano valutato i tempi di ritorno dell’investimento.
“Siamo inoltre – ha continuato Bolognesi- in un ambiente molto frammentato dei nostri terreni, le performance dei robot sembrano ancora inferiori a quelle eseguite con cantieri di lavoro tradizionali e questo a causa della loro lentezza (per legge non si possono superare i 6 chilometri all’ora), deve inoltre essere sempre garantita la copertura della rete, cosa che spesso nelle nostre campagne non è assicurata e infine dovremo anche pensare di adattare, ad esempio, le forme di allevamento ad una raccolta robotizzata della frutta”.
Esiste poi il problema, ad esempio per i costruttori, di come immettere sul mercato macchine sicure e che rispettino i quattro regolamenti principali che coprono queste tecnologie che sono: Artificial Intelligence Act EU-2024:1689, Machinery Regulation EU-2023:1230, Cyber Resilience Act EU-2024:2847 e Data Act EU-2023:2854.
A seguire Valda Rondelli del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università degli studi di Bologna ha spiegato come: “L’attuale quadro normativo europeo fornisca strumenti utili per affrontare le sfide poste dall’innovazione tecnologica dei trattori e dei veicoli autonomi ma tuttavia manchi un’armonizzazione tra le normative vigenti; un ostacolo significativo all’industrializzazione, all’utilizzo e alla manutenzione di veicoli altamente automatizzati”.
“L’approccio chiave – ha concluso la docente- per promuovere e facilitare il commercio internazionale è quello di raggiungere il consenso su protocolli e criteri standardizzati e promuovere i sistemi di certificazione; per fare questo è necessario un lavoro di squadra, tra tutti gli attori coinvolti e fra questi ci sono senza dubbio i laboratori di prova, con personale qualificato per eseguire i test ufficiali, così come le università e i centri di ricerca per le sperimentazioni e la formazione, indispensabile per affrontare la sfida della sicurezza alimentare.
Prima dei test sul campo dei due robot, equipaggiati con seminatrici per la semina del frumento, Marco Sozzi del Tesaf, con il contributo di Roberta Masin di Dafnae che ha curato l’aspetto malerbologico, ha presentato i primi risultati del progetto Agritech esordendo con una domanda: “Un robot può sostituire un trattore? “Al quesito -ha spiegato il ricercatore- abbiamo cercato di rispondere con la nostra prova che ha messo a confronto operazioni eseguite con i robot ad altre svolte con un trattore, su un appezzamento di poco più di un ettaro di terreno dove abbiamo coltivato mais e frumento tenero”.
I parametri valutati nell’area test sono stati: impatto delle macchine al suolo, i tempi di lavoro, l’efficienza delle macchine e la superficie giornaliera dominata, oltre naturalmente alla resa.
Dalla ricerca è emerso che il robot ha una capacità operativa inferiore al trattore, soprattutto nelle attività svolte a maggiore velocità e larghezza di lavoro, questo per la velocità limitata di lavoro del robot e la minor larghezza di lavoro.
La capacità del robot di lavorare molte ore (18 ora al giorno contro le 8 del trattore) permette di compensare parzialmente, diventando competitivo nelle operazioni più lente (diserbo, erpicatura)
Il robot è risultato più adatto per attività ripetitive e a bassa velocità, mentre il trattore mantiene un chiaro vantaggio nelle operazioni estensive mentre il controllo meccanico delle infestanti eseguito dal robot è risultato di pari efficacia rispetto all’uso del trattore
Per quanto riguarda le rese i risultati sono stati simili nel primo anno mentre nel secondo, con il frumento, la ricerca ha evidenziato come con il robot le produzioni siano state superiori ma derivate dall’uso del traffico controllato.
Marco Limina
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