Contro il caporalato serve «il prezzo minimo agricolo»

A un anno dalla tragica morte di Satnam Singh, i sindacati dei lavoratori agricoli sono stati a Latina.
«Con la Prefettura abbiamo constatato che poco è cambiato. La nostra ricerca “Made in immigritaly”, realizzata con i massimi esperti di immigrazione provenienti da diverse Università, conferma che in Italia molti lavoratori stranieri sono impiegati in lavori «5 P»: pesanti, precari, pericolosi, poco remunerati e penalizzati socialmente». Lo sottolinea il segretario generale di Fai Cisl, Onofrio Rota, che abbiamo intervistato.

Il segretario generale di Fai Cisl, Onofrio Rota

Rota, perché un nuovo Tavolo sul caporalato?

Al precedente Tavolo nazionale avevamo ottenuto l’ascolto ed erano state recepite misure importanti come il sistema unico dei controlli, la banca dati degli appalti agricoli, la protezione per chi denuncia, l’assegno di inclusione e la pubblicazione dei costi di produzione.
Tuttavia, mancano i decreti attuativi dell’ultimo decreto agricoltura. Inoltre, il metodo del decreto flussi non risponde alle esigenze delle imprese e all’inclusione dei lavoratori stranieri.

Oltre al lavoro nero, si sta diffondendo il «lavoro grigio», soprattutto al Nord, con finte cooperative che portano a retribuzioni basse.

Abbiamo chiesto una stretta anche su questo.
Le nuove tecnologie permettono controlli più capillari sulle imprese, sui territori, sul fabbisogno di manodopera e sulle ore lavorate. Il Governo aveva detto di sì, ma va dato seguito a quell’impegno.

Il «caporalato transnazionale» è in crescita, con organizzazioni internazionali che sfruttano i decreti flussi.

Sono stati fatti passi avanti nella repressione delle imprese, anche false, che usano il decreto flussi in modo fraudolento.
Tuttavia, molti lavoratori stranieri entrati regolarmente continuano a lavorare in modo irregolare. Chiediamo un permesso per «attesa occupazione» e forme di emersione per questi lavoratori.
Lasciarli nell’invisibilità è controproducente e disumano.

Il caporalato è anche alimentato da politiche di prezzi agricoli al ribasso.

Dobbiamo ridistribuire il valore in modo più equo lungo le filiere, altrimenti imprese e lavoratori agricoli rimarranno l’anello debole.
Servono interventi contro le speculazioni e per la sensibilizzazione dei consumatori.
Proponiamo i «prezzi anti-caporalato»: un monitoraggio del rapporto tra costi di produzione e prezzi per i consumatori e, al di sotto di certi margini, andrebbero innescati subito i controlli, perché è evidente che c’è qualche impresa lungo la filiera che sta speculando sui lavoratori oppure sul sistema fiscale.

La condizionalità sociale della Pac può contribuire alla lotta al caporalato?

In Italia ci sono già casi di aziende che, riscontrato il reato di caporalato, devono restituire i fondi pubblici.
L’ideale sarebbe agire a monte, impedendo l’accesso ai fondi a imprese indagate per caporalato, che invece li hanno ottenuti, come sembra sia successo per anni a Latina proprio nella realtà in cui lavorava Satnam Singh.

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 23/2025
Contro il caporalato serve «il prezzo minimo agricolo»
di G. Menna
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