L’asciutta deve durare il «giusto» o si possono perdere fino a 1.000 kg per lattazione

mungitura

La fase di asciutta, che rappresenta un momento cruciale per la lattazione successiva, è un periodo di forte stress metabolico e fisiologico; è quindi fondamentale che venga affrontata cercando di preservare lo stato sanitario e di conseguenza la produzione.

Se i livelli di immunità sono legati all’allevamento, si può ipotizzare che mediante interventi di natura gestionale sia possibile modificare la risposta immunitaria e potenzialmente ridurre i fenomeni immunodepressivi del periparto.

Non sono ancora disponibili informazioni specifiche sui singoli fattori in grado di modificare (in positivo o negativo) la risposta immunitaria al parto. Tuttavia, alcuni di questi fattori di rischio sono facilmente ipotizzabili, così come gli interventi correttivi sono alla portata della maggior parte degli allevamenti.

La bovina dovrebbe essere mantenuta in una condizione tale da non essere sottoposta a inutili fattori stressanti, quali frequenti cambi di gruppo e di ambiente e quindi di gerarchia. Ad esempio, nelle due settimane prima del parto sarebbe utile evitare di mescolare manze e pluripare per ridurre il potenziale stress rappresentato dalla presenza di animali di età diversa, ma anche per ridurre il rischio di un’eventuale trasmissione di agenti contagiosi.

Il parto dovrebbe avvenire in un ambiente tranquillo, in un box da parto con un’ampia superficie a disposizione e su lettiera in paglia abbondante e pulita. Vi sono inoltre pratiche gestionali per le quali è dimostrato da tempo un effetto significativo su stato immunitario e produzione.

Probabilmente, quello più importante è rappresentato dalla durata dell’asciutta. Più sopra ho evidenziato come i tempi necessari per avere un corretto rinnovo dell’epitelio mammario e un corretto ripristino della funzionalità mammaria siano ben definiti. Se tali tempi non vengono rispettati, in particolare se vengono accorciati, si compromette la funzionalità mammaria e la successiva capacità produttiva della mammella. Nella pratica si osservano però durante l’asciutta tempi relativamente variabili.

La frequenza delle asciutte con durata fino a 60 giorni complessivamente diminuisce al crescere delle lattazioni, mentre aumenta la frequenza di asciutte lunghe (75-120 giorni) al crescere delle lattazioni. Asciutte brevi (<45 giorni) si osservano in circa il 15% delle bovine e sono più frequenti nelle primipare piuttosto che negli animali più anziani.

Da rilevare che meno del 50% circa delle bovine, indipendentemente dell’età ha un’asciutta compresa tra i 45 e i 60 giorni, valori che sono da considerare come corretti. Si può anche rilevare come il livello massimo di produzione sia stato osservato per asciutte di durata tra 45 e 60 giorni negli allevamenti grandi e tra 36 e 45 giorni in tutti gli altri.

La riduzione del periodo di asciutta viene giustificata dall’«impossibilità» di ridurre la produzione perché troppo alta, ma soprattutto dalla «volontà» di continuare a raccogliere latte. Questo potenziale vantaggio viene smentito dai risultati misurati in campo.

Negli allevamenti con più di 200 capi (in Lombardia sono quelli con maggiore produzione media individuale e totale), ipotizzando una produzione media di 30 kg/giorno a fine lattazione e di proseguire la mungitura per 15 giorni, abbiamo un recupero di 450 kg di latte nella lattazione in corso, ma una perdita nella lattazione successiva di oltre 1.000 kg (differenza tra produzione media con asciutta di 46-60 giorni rispetto a 36-45 giorni).

Inoltre, indagini più recenti hanno dimostrato che un’asciutta di meno di 45 giorni è caratterizzata da una significativa riduzione nel numero di guarigioni quando venga applicato il protocollo di asciutta selettiva.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Stalle da Latte  n. 4/2022
Asciutta: bisogna investire nell’assetto immunitario della vacca
di A. Zecconi
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