Scegliere italiano per salvare la nostra suinicoltura

L’emergenza Coronavirus ha messo nuovamente a nudo le difficoltà economiche e organizzative della filiera suinicola nazionale, dimostrando una incapacità a costruire rapporti contrattuali sostenibili per tutte le componenti: allevatoriale, macellazione, sezionamento, salumifici e prosciuttifici.

Quindi se il 2019 si è chiuso molto male per i bilanci delle industrie di trasformazione a causa dell’alto costo della materia prima, adesso la situazione di mercato si è ribaltata a sfavore degli allevatori. E a rimetterci sono le dop, che dovrebbero essere il valore aggiunto della suinicoltura nazionale.

A causa dell’emergenza coronavirus i macelli hanno ridotto del 25% la loro capacità di lavorazione; la componente horeca, che vale il 30% del mercato finale, è bloccata; l’export si è fermato; la filiera del prosciutto crudo dop è andata in tilt. Così oggi i suini grassi per le dop quotano 1,252 euro/Kg, contro 1,380 dello stesso periodo del 2019.

«Oggi più che mai – dice Thomas Ronconi, presidente di Anas, l’Associazione nazionale allevatori suini – è necessario salvare la suinicoltura italiana che per la crisi innestata dal coronavirus incontra grandi difficoltà. Per risollevare il mercato, sceso a 1,252 euro/kg per i suini grassi da macello, oggi dovremmo eliminare d’un colpo almeno due milioni di cosce: ovviamente impossibile».

E quindi si continua a navigare a vista con salumifici e prosciuttifici che fermano l’attività di lavorazione, allungano i pagamenti in attesa di tempi migliori, lasciando il campo alla Grande distribuzione che fa lavorare una parte di industria di affettamento, valorizzando molto di più i salumi in vaschetta senza brand e tagli freschi spesso non di origine italiana.

«Dobbiamo tutelare questa filiera strategica che sta vivendo una fase molto critica per gli allevatori – ha sottolineato Marcello Veronesi presidente di Assalzoo e vicepresidente del gruppo Aia – con interventi urgenti di promozione del prodotto soprattutto per incentivare il consumo dei prosciutti e della carne fresca. Occorrerebbe togliere prodotto dal mercato per destinarlo a cotti o a tagli freschi oppure introdurre misure di ammasso e a favore degli indigenti».