La carne suina italiana sta perdendo l’occasione cinese

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«Siamo alle solite: c’è la grande occasione di vendere carne suina italiana alla Cina ma non sappiamo coglierla appieno, mentre all’estero Paesi come Olanda, Germania e Spagna da anni fanno squadra, ognuno al loro interno, per accaparrarsi il mercato cinese».

Valerio Pozzi, direttore di Unapros l’Unione nazionale che riunisce le Organizzazioni di prodotto lombarde del settore suinicolo, Opas e Assocom, e dell’Emilia-Romagna, Asser, commenta così le difficoltà che i nostri produttori trovano per esportare in Cina, pur in un momento favorevole dovuto ai problemi causati nel Paese asiatico dall’epidemia di peste suina africana.

Teoricamente, sottolinea Pozzi, saremmo preparati. Già dal momento della visita in Italia, nei mesi scorsi, del primo ministro cinese Xi Jinping per la chiusura dell’intesa sulla Via della Seta tutto sembrava ben avviato. Invece, all’atto pratico non si riesce a esportare perché i certificati veterinari italiani per gli allevamenti e i macelli sono talmente complicati da impedirne l’utilizzo. Così nessuno certifica gli allevamenti e nessun sa come etichettare la carne.

«Per questo conclude Pozzi – come Unapros abbiamo già sollecitato un intervento deciso e immediato al ministro della sanità affinché sia sanata questa incredibile pastoia burocratica».

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2019
Suini: la burocrazia italiana blocca il mercato cinese
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