Rilevare il deficit idrico della vite per irrigare al meglio

Malgrado sia considerata una delle specie più efficienti nell’uso dell’acqua disponibile, la vite ne è una grande consumatrice. Richiede, infatti, dai 300 ai 600 L/m2 nei climi temperati, e 800 L/m2 in climi più caldi.

Storicamente l’irrigazione è stata praticata nei Paesi in cui la viticoltura si è sviluppata in epoca più recente: Australia, Argentina, Cile e Stati Uniti. Negli ultimi vent’anni si è assistito a una rapida diffusione degli impianti irrigui anche nella maggior parte dei vigneti europei. Il cambiamento climatico in corso richiede l’implementazione di una serie di strategie volte alla riduzione dell’impronta idrica della vite. Il consumo idrico può essere ridotto adottando le più appropriate tecniche di gestione della chioma, sfruttando i benefici delle cover crops e scegliendo opportunamente densità d’impianto, cultivar e portainnesto.

Inoltre, sarà necessario un uso sempre più strutturato ed efficiente dell’irrigazione. Determinare lo stato idrico della vite risulta, pertanto, uno strumento fondamentale per adattare le pratiche agronomiche alle condizioni effettive del vigneto e per impostare un programma di irrigazione efficiente e sostenibile.
I metodi per stabilire lo stato idrico della vite possono essere divisi in indiretti e diretti. I primi stimano le condizioni idriche della vite valutando fattori fisici e ambientali relativi al terreno o all’atmosfera; i secondi si propongono di misurare la risposta fisiologica della pianta alle diverse condizioni ambientali.

I metodi indiretti, basati su rilievi a livello di suolo e atmosfera, pongono alcune problematiche di natura pratica. In particolare, l’eterogeneità di molti suoli rende necessario l’uso di un numero elevato di sensori, mentre nella misura dell’evapotraspirazione diventa difficile discriminare l’apporto delle sole piante di vite.
I metodi diretti si propongono di semplificare le misurazioni, consentendo di ottenere informazioni specifiche con sensori e strumenti applicati direttamente alla vite o parti di essa. Quanto emerge da una breve analisi dei principali strumenti disponibili è la grande varietà di sensori utilizzabili. Tuttavia, è evidente che il metodo perfetto ancora non esiste.

Metodi diretti: potenziale idrico

Un metodo semplice e largamente usato è quello dell’analisi visiva. L’osservazione dello stato degli apici vegetativi può fornire un’idea della condizione di stress della vite. Gli apici vegetativi di una pianta in buone condizioni idriche si presentano eretti, con la prima foglia espansa piccola e posta appena sotto l’apice. La prima risposta al deficit idrico è il rallentamento della crescita con la prima foglia espansa che arriva a ricoprire l’apice. In condizioni di forte stress, il germoglio cessa la crescita e l’apice si presenta tronco. Un fenomeno che può manifestarsi in caso di deficit idrico severo è l’epinastia fogliare, ovvero il ripiegamento verso il basso delle foglie in seguito alla diminuzione della pressione di turgore.

Una misura molto efficace è quella del potenziale idrico (ψ), ossia la pressione di suzione che la pianta deve esercitare per estrarre l’acqua dal suolo.  Lo strumento più utilizzato per determinare il potenziale idrico è la camera a pressione (o camera di Scholander). Una foglia viene inserita all’interno di una camera a tenuta stagna facendone fuoriuscire solo il picciolo. Qui la foglia viene pressurizzata fintanto che la pressione della linfa xilematica eguaglia quella della camera manifestandosi sulla superficie del punto di taglio del picciolo sotto forma di una piccola goccia d’acqua. La pressione necessaria a fare uscire la goccia linfatica è uguale e contraria al potenziale idrico del campione. È possibile leggere il valore della pressione sul manometro in dotazione allo strumento.

Camera a pressione per la misurazione del potenziale idrico

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 12/2021
Rilevare il deficit idrico della vite per irrigare al meglio
di A. Cogato, F. Marinello, F. Meggio
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