Le micorrize valide alleate per la vite

Nell’agrosistema viticolo il suolo rappresenta uno dei tre pilastri fondamentali che reggono la produzione e la qualità dell’uva (e del vino), assieme all’entità biologica (il vitigno e il portinnesto) e il clima.

Tra tutti i fattori del terroir, il terreno  è quello più difficile da studiare a causa delle complesse interazioni tra la sua componente fisica, chimica e biologica, anche se recentemente la ricerca scientifica sta approfondendo gli studi sui  meccanismi di azione che regolano  la vita delle piante. Sono noti da tempo i legami tra un certo tipo di terreno e l’espressione sensoriale  di alcuni vini, ma al di la di queste osservazioni empiriche non si conoscono ancora tutti i meccanismi biochimici che collegano le caratteristiche  fisico-chimiche e microbiologiche del terreno con la composizione dell’uva (e del vino).

La gestione della fertilità del suolo è legata all’azione ed interazione di diversi fattori; c’è il modello chimico, secondo cui il terreno è considerato come un serbatoio che contiene gli elementi nutritivi che vengono assorbiti dalle viti e che devono essere restituiti (con i fertilizzanti), affinché il suolo non si impoverisca. C’è però una visione più complessa che deriva dall’approccio sostenibile alla questione e  che include anche la biodiversità.

Micorrize

Diverse pratiche colturali possono favorire la biodiversità, tra queste gli inoculi micorrizici e batterici, che appartengono alla categoria dei biostimolanti.

Le micorrize vesciculo-arbuscolari (VAM o semplicemente AM) sono dei funghi appartenenti a diversi generi e diverse specie (ad esempio Glumus mosseae, Glomus intraradices, ecc.) che stabiliscono una simbiosi mutualistica con le radici di molte piante, compresa la vite. Il punto di scambio tra ospite e fungo è dato dagli arbuscoli che si collocano all’interno delle cellule sottoepidermiche della radice e consentono alla pianta di assorbire più elementi minerali e acqua (tramite le ife)  e alla micorriza di ricevere energia sotto forma di carbonio organicato.

La vite è naturalmente micorrizata, e il suo livello di colonizzazione è legato a diversi fattori compreso il tipo di portinnesto, ma è possibile aumentare artificialmente  questo fenomeno, utilizzando inoculi che in questi ultimi decenni sono  sempre più disponibili per  gli agricoltori. E’ inoltre dimostrato che anche il livello di micorrizazione artificiale è funzione del portinnesto. I vantaggi agronomici dell’uso di micorrize, in genere somministrate all’impianto, sono ascrivibili a riduzioni dello stress da trapianto, a uno stimolo all’accrescimento delle radici e del germoglio, a una limitazione di stress nutritivi e idrici e, come indicato sopra, a un aumento della biodiversità.

La micorrizazione artificiale inoltre stimola la pianta a produrre fitoalessine, non solo a livello radicale, ma anche nella parte aerea. In una prova in vaso, infatti, barbatelle di Barbera clone CVT AL 115 innestate su SO4 e 1103P sono state trattate alla messa a dimora, e poi ogni anno, con una soluzione acquosa a base di un prodotto commerciale composto da diverse specie del genere Glomus, da un ceppo particolare di Trichoderma atroviride e da un mix di batteri della rizosfera. Lo scopo del lavoro era di valutare la risposta vegeto-produttiva e qualitativa delle piante.

L’uva trattata con micorrizzazione artificiale ha presentato valori statisticamente più elevati di transresveratrolo e delta viniferina

Al 4° anno di vita, quando le viti avevano iniziato a produrre, in una situazione di leggero attacco di peronospora (sfuggito al controllo fitosanitario) l’uva di Barbera trattato con micorrizazione aveva presentato valori statisticamente più elevati di trans-resveratrolo e delta viniferina, specie nelle viti innestate su SO4. In qualche modo, quindi, il segnale originatosi a livello radicale, era stato  trasmesso alla parte aerea.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2021
Le micorrize valide alleate per la vite
di L. Bavaresco
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