Le conseguenze sulla vite del clima che cambia

Le stime e le valutazioni presentate a Davos al World Economic Forum indicano che l’andamento delle temperature globali fa ipotizzare un aumentare di almeno 3°C verso la fine del secolo.

Anche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza si monitorano gli andamenti meteo-climatici e la risposta sia delle colture sia delle fitopatie. Grazie all’analisi aggregata delle informazioni generate dal DSS vite.net® in oltre 350 vigneti, è stato possibile riscostruire la situazione nelle quattro valli del comprensorio piacentino, che presentano differenti caratteristiche pedoclimatiche e vocazionali.

Osservando il grafico delle anomalie termiche nell’ultimo decennio a confronto con la media climatologica (degli ultimi 40 anni), è possibile individuare facilmente la netta prevalenza delle anomalie termiche positive, ovvero al di sopra della temperatura media (aree rosse) rispetto a quelle negative, al di sotto della media (aree azzurre).

L’ultimo decennio a confronto con la media climatologica degli ultimi 40 anni evidenzia una netta prevalenza delle anomalie termiche positive, ovvero con temperature al di sopra della media.

A questi mutamenti ambientali corrisponde, ovviamente, una diversa risposta fisiologica della vite, che si manifesta con anomalie e grande variabilità nel raggiungimento delle principali fasi fenologiche. Ad esempio, la data di germogliamento media della varietà Barbera (una delle più rappresentative del territorio piacentino) ha mostrato una variabilità superiore a 30 giorni, dal 23 marzo al 25 aprile.

Così come la vite, anche gli agenti patogeni rispondono alle fluttuazioni ambientali. I modelli epidemiologici presenti in vite.net® simulano lo sviluppo delle malattie in funzione delle condizioni meteorologiche e della fenologia della pianta ospite e, pertanto, possono aiutarci a fare sintesi dell’effetto del cambiamento climatico. In questo articolo, abbiamo usato il modello che simula le infezioni primarie di Plasmopara viticola, l’oomicete che causa la peronospora.

Le infezioni segnalate dal modello sono risultate variabili nel territorio e negli anni, con un minimo di due nel 2012 e un massimo di 21 nel 2018. Come enfatizzato da precedenti studi, la variabilità del numero delle infezioni peronosporiche, anche nell’ambito di uno stesso territorio omogeneo come quello dei Colli Piacentini, dipende dalle differenze nelle condizioni ambientali tra un anno e l’altro e fra una località e l’altra. Dal punto di vista pratico della difesa, le infezioni possono essere raggruppate in cluster, gruppi di eventi infettivi che si verificano in un arco temporale pari o inferiore a 7 giorni, ovvero infezioni che possono essere controllate con un unico e tempestivo intervento di difesa. I cluster d’infezione permettono di meglio individuare i periodi più critici e a maggior rischio d’attacco da parte di Plasmopara viticola.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2021
Come gestire le conseguenze sulla vite del clima che cambia
di T. Caffi, S. Legler, V. Rossi
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