La stabilizzazione del vino passa dal freddo ma impatta sui costi

Un vino viene considerato stabile quando mantiene integre le sue caratteristiche chimico-fisiche in un ragionevole intervallo di tempo, senza che si abbia la comparsa di depositi al variare delle condizioni di temperatura, ossidazione o illuminazione durante la conservazione in bottiglia.

Metodi tradizionali di stabilizzazione proteica

Attualmente l’uso della bentonite è il metodo preventivo più comunemente utilizzato per stabilizzare i vini bianchi ed evitare la casse proteica. Le bentoniti sono sostanze minerali naturali della famiglia delle argille, con eccellenti proprietà colloidali come la forte capacità di rigonfiamento in mezzo acquoso, la grande superficie di adsorbimento e l’elevata carica negativa. Le bentoniti utilizzate per il trattamento dei vini presentano una composizione chimica variabile, si differenziano per la facilità di preparazione della sospensione, per la stabilità e per il volume del deposito.
La bentonite asporta dal vino sottoposto al trattamento, sia le proteine termostabili che quelle termolabili.

Nuovi metodi di stabilizzazione proteica

La ricerca in campo di nuovi metodi per la stabilizzazione proteica è sempre in atto allo scopo di fornire alternative più efficienti e mirate alla rimozione preventiva e selettiva delle proteine.
Queste alternative vengono suddivise in tre categorie a seconda della fase enologica in cui verranno applicati: fase iniziale, intermedia e finale.

Fase iniziale

Carragenina: prodotto naturale e rinnovabile che proviene dalle alghe rosse.
Polvere di semi d’uva: l’alto contenuto di polifenoli presente nei semi d’uva permetterebbe il legame fra questi e le proteine del mosto, rendendole stabili.
Enzimi e pastorizzazione flash: questo metodo consiste nell’aggiunta dell’enzima aspergillopepsina (resistente ad alte temperature) e successivamente in una pastorizzazione a 75°, la combinazione di questi due fattori permette la stabilizzazione proteica del mosto.

Fase intermedia

Zeoliti: sono minerali con funzionamento simile alla bentonite, ma più efficaci e con meno perdite di prodotto in fecce e quindi di vino.
Nanoparticelle magnetiche: le particelle vengono rivestite in modo da essere selettive nei confronti delle proteine alle quali si legano, dopo il periodo di contatto attraverso il magnete queste particelle legate alle proteine vengono attirate sul fondo del serbatoio consentendo di raggiungere la stabilità proteica.

Fase finale

Tecnologia a membrana: questo tipo di trattamento prevede di stabilizzare il vino attraverso il suo passaggio su membrane specifiche.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 2/2023
La stabilizzazione del vino passa dal freddo ma impatta sui costi
di Nicola Biasi
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