Nuovi portinnesti per nuove sfide in vigneto

Portinnesti vite

Nella viticoltura moderna il portinnesto gioca un ruolo importante sulla produzione e sulla qualità dell’uva, ponendosi come interfaccia tra vitigno e suolo.

I portinnesti sono stati introdotti alla fine del XIX secolo impiegando specie americane, con lo scopo di costituire una barriera alla fillossera (Daktulosphaira vitifoliae Fitch) che, importata accidentalmente dall’America, si diffuse in Europa provocando ingenti danni al settore vitivinicolo.

Queste specie, a differenza della vite europea (Vitis vinifera), essendosi coevolute con l’insetto, avevano sviluppato forme di resistenza tali da impedire danni agli apparati radicali.

Il portinnesto si dimostrò quindi una valida soluzione nel contrastare la fillossera ma allo stesso tempo la sua introduzione ha ridotto l’adattabilità della vite agli ambienti di coltivazione.  Gli sforzi iniziali per la selezione di portinnesti erano focalizzati sulla resistenza alla fillossera mentre solo in parte all’adattabilità ai diversi ambienti.

Nei decenni successivi i programmi di incroci si sono progressivamente ridotti e per questo motivo oggi la disponibilità di portinnesti è limitata a un ristretto numero di genotipi, che tra di loro presentano una bassa diversità genetica.

Il ridotto numero di portinnesti disponibili, la bassa diversità genetica tra di loro e la ridotta adattabilità agli stress ambientali lasciano tuttora ampio margine di miglioramento, soprattutto in relazione alla selezione di nuovi ibridi.

L’Università degli studi di Milano è da anni impegnata nella selezione di nuovi portinnesti tolleranti agli stress ambientali, costituiti attraverso specifici programmi di incrocio.

Grazie al supporto di Winegraft – Innovative Solutions, i primi risultati sono stati raggiunti con la recente registrazione dei 4 portinnesti della serie M al Registro nazionale delle varietà di vite (Rnvv), in seguito commercializzati da parte di Vivai cooperativi di Rauscedo (Vcr), ognuno dei quali presenta specifiche caratteristiche.

In particolare M1 si distingue per l’elevata tolleranza ai suoli calcarei (30% di calcare attivo) un vigore contenuto e la capacità di indurre buone maturazioni tecnologiche e fenoliche; M2 è molto efficiente nell’assorbimento del magnesio, induce una vigoria media e una buona tolleranza alla siccità e al calcare, fino al 22% di calcare attivo; M3 presenta elevata capacità nell’assorbimento del potassio, induce ridotto vigore alla marza ed è più adatto a suoli freschi e fertili; infine M4 si distingue per l’elevata tolleranza allo stress idrico e salino.

Gli stessi programmi di incroci hanno portato alla costituzione di una nuova e promettente serie di genotipi che sono stati analizzati per la capacità di radicazione riportando buoni risultati e ora sono in corso studi di valutazione dell’effetto sul nesto e sulla loro tolleranza agli stress abiotici, come la carenza idrica, il calcare e la nutrizione minerale.

Inoltre, su alcuni di questi genotipi sono in corso delle analisi volte a valutarne l’affinità di innesto con differenti varietà di vinifera. I genotipi che dalle indagini svolte risulteranno i più promettenti verranno selezionati e resi presto disponibili, contribuendo ad ampliare l’offerta per i viticoltori che, attraverso la scelta del portinnesto più adatto, potranno affrontare le sfide imposte dalle diverse condizioni ambientali.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 16/2020
I portinnesti più adatti alla siccità in vigneto
di D. Bianchi
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