Diradare, ne vale la pena?

Il diradamento dei grappoli consiste nella rimozione di una porzione dei grappoli presenti sulla vite. Questa tecnica, basata sul concetto che la rimozione di parte dei grappoli migliorerà il processo di maturazione di quelli rimanenti, è aneddoticamente associata a produzioni di qualità nella viticoltura a clima temperato.
Nonostante alcuni studi abbiano dimostrato che il diradamento dei grappoli migliori la qualità dell’uva, altri, invece, non hanno evidenziato differenze significative. Nei casi in cui si è avuto un incremento della qualità dell’uva le variazioni, da un punto di vista della composizione chimica dell’acino, erano relative: all’accumulo di zuccheri, alla concentrazione in acido malico, al pH, al potassio, all’acidità totale e alla concentrazione in antociani e composti fenolici.

Simile al diradamento dei grappoli, il diradamento dei germogli viene usato per ridurre la densità della chioma, la produzione e migliorare la composizione chimica delle uve. Il diradamento dei germogli, inoltre, mira a migliorare l’esposizione delle foglie e a ridurre la competizione tra accrescimento dei germogli e maturazione dei grappoli.

Il caso studio

Nel vigneto sperimentale dell’Università di Adelaide, al Waite Campus  è stato avviato uno studio mirato a modificare il rapporto tra resa e dimensioni della chioma (rapporto foglie/ frutti) effettuando diradamenti più drastici rispetto alle normali pratiche descritte precedentemente. Perciò si è deciso di applicare un diradamento dei germogli e dei grappoli più severo, con una percentuale rimossa, di questi, pari al 50%.

Lo studio è iniziato nel 2014 utilizzando ceppi di Semillon di 25 anni. Le piante sono franche di piede e allevate a cordone speronato con distanza tra le viti di 1,8 m e distanza di 3 m tra i filari.

Il disegno sperimentale ha previsto il confronto di 3 trattamenti:

  • controllo (C), in cui non è stato effettuato alcun intervento sulla chioma durante la stagione vegetativa;
  • diradamento dei germogli (DG) in cui il 50% del numero totale di germogli è stato rimosso nella fase fenologica di 7-8 foglie separate; i germogli sono stati selezionati in base al loro vigore e posizione sul cordone e quelli corti, deboli e doppi sono stati preferibilmente rimossi;
  • diradamento dei grappoli (DGr), in cui il 50% del numero totale dei grappoli è stato rimosso subito dopo l’invaiatura (10 °Brix); i grappoli piccoli, i distali su germogli con due grappoli e quelli su germogli deboli e corti sono stati preferibilmente rimossi.

Effetti sulla composizione chimica dell’uva e del vino

La concentrazione di solidi solubili dei diversi trattamenti, alla vendemmia, non evidenzia variazioni significative. Allo stesso modo, nessuna differenza è stata osservata per gli altri parametri chimici misurati nelle uve. Nel vino sono state riscontrate differenze solo per quel che concerne il pH, che è risultato inferiore nel DGr (tabella 1).
I risultati di questo studio hanno dimostrato che il diradamento di grappoli e germogli, entrambe pratiche laboriose e costose, hanno prodotto solo minimi effetti sulle prestazioni delle viti.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 4/2020
Diradare, ne vale la pena?
di R. De Bei, X. Wang, M. Zito, S. Fuentes, M. Gilliham, S. Tyerman, C. Collins
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