Curetage e mal dell’esca, buoni risultati ma in vigneto serve metodo

In Trentino il mal dell’esca è considerato una malattia poco importante e comunque associata ad alcune varietà e all’età dell’impianto. Tuttavia negli ultimi anni il numero di piante che hanno manifestato sintomi è in aumento, anche se nel complesso la situazione dei vigneti non può essere considerata allarmante.

Su varietà suscettibili come Incrocio Manzoni, Sauvignon blanc, Cabernet Sauvignon, Traminer e Nosiola, in vigneti con età media di 20-25 anni si possono riscontrare percentuali di piante sintomatiche, morte, sostituite o ricostruite imputabili al mal dell’esca attorno al 20-30%.

Curetage o dendrochirurgia

Consiste in un’operazione meccanica che prevede l’asportazione della carie per mezzo di piccole motoseghe eseguendo delle incisioni più o meno profonde. Si basa sul principio che gran parte dei sintomi sono imputabili alle tossine prodotte dai funghi del complesso dell’esca.

Le incisioni sono effettuate in prossimità dei vecchi tagli di potatura (specie quelli di grosso diametro), sulla testa di salice in stato di disseccamento avanzato e in prossimità delle grosse ferite della meccanizzazione all’altezza del colletto della vite.

Con l’incisione si asporta in un primo momento il legno secco e l’eventuale carie fino al raggiungimento del tessuto legnoso fresco. La vite si riprende velocemente e si è osservato che è in grado di produrre già durante l’annata in cui si è eseguita l’operazione (solo in caso di grosse escavazioni la produzione si riduce sensibilmente). È però necessario che l’operazione sia eseguita con cura e in maniera esaustiva, senza cioè tralasciare punti o zone con residui di carie.

Un operatore formato impiega in media 3-4 minuti per trattare un ceppo allevato a Guyot, ma i tempi si dilatano fino a 10-20 minuti se trattiamo un ceppo allevato a cordone speronato o doppio capovolto.

Prove in campo

La Fondazione Edmund Mach, allo scopo di verificare i risultati in campo del curetage, ha condotto una serie di prove in vigneti con forte incidenza della malattia e in zone diversificate, in provincia di Trento, allevati a spalliera e con 15-20 anni di età.

Si tratta di un Traminer aromatico a Pressano, un Traminer aromatico ad Arco e un Cabernet Sauvignon a S. Michele all’Adige. Ogni appezzamento è stato suddiviso in due blocchi, di cui un testimone e un trattato per un totale di 9.092 piante circa di cui 438 sintomatiche.

A partire dal 2017 sono state segnalate le piante sintomatiche distinguendole in 4 classi sulla base della gravità dei sintomi: leggeri (solo alcune foglie colpite), medi (buona parte delle foglie e grappoli con sintomi), gravi (tutti i germogli colpiti e i grappoli appassiti), colpo apoplettico (la vite dissecca completamente). Sono state mappate anche le viti morte, rimpiazzate nonché quelle ricostruite.

L’operazione di curetage è stata eseguita in inverno sulle viti preventivamente contrassegnate come sintomatiche, mentre sul testimone le viti sono state gestite dall’azienda (sostituzione delle viti morte, ricostruzione di quelle gravi, rinnovo del capo a frutto per i sintomi medi).

Durante la fase di curetage è stata valutata anche la presenza di carie suddividendola in tre classi: scarsa, media, abbondante.

Osservazioni su 4 anni

I risultati derivano dall’osservazione delle viti sintomatiche nel 2017 (primo anno di prova) e il comportamento delle stesse nei tre anni successivi al trattamento. Dopo 3 anni di osservazione in 3 diversi vigneti possiamo dire che l’applicazione del metodo del curetage ha dato dei risultati molto promettenti: si riduce infatti la mortalità del 30%, e si riducono anche le piante recidive del 50%.

Questa tecnica aiuta quindi a mantenere stabile il numero di viti produttive all’interno di un appezzamento, mentre gestendo le piante sintomatiche solo con rimpiazzi e ricostruzioni del fusto si va incontro a una lenta perdita di efficienza produttiva del vigneto, in termini quantitativi ma anche qualitativi.

Inoltre le spese di sostituzione delle piante morte e le cure per l’allevamento di barbatelle ricostruite sono reiterate per più anni. Sulla base dei dati raccolti non è ancora possibile capire quanto i risultati ottenuti siano stabili nel tempo, ma ci sono altre esperienze dove da 5-10 anni si applica questo metodo con risultati positivi.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2021
Curetage e mal dell’esca, buoni risultati ma serve metodo
di R. Lucin, M. Gobber, R. Zanzotti
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