Per i piccoli frutti è meglio puntare sui grandi formati

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Il mercato italiano dei piccoli frutti è in continua crescita, nonostante le superfici coltivate – oggi pari a circa 2.500 ha – si trovino in una fase di stabilizzazione. A spiegare il motivo di questo fenomeno è Thomas Drahorad, presidente di NCX Drahorad, società di servizi per il commercio internazionale e la comunicazione di prodotti ortofrutticoli, nonché uno dei massimi esperti della categoria. Secondo lui «siamo arrivati a una fase in cui, per questioni di competitività internazionale, abbiamo probabilmente raggiunto un punto di arrivo». Egli aggiunge inoltre che «il consumatore italiano sembra non avere problemi ad accettare, per i piccoli frutti, provenienze estere». 

Ottime opportunità nel Sud Italia 

Per Drahorad «il Sud può avere un ruolo importante, a partire dalla stagionalità, poiché la commercializzazione della sua produzione inizia quattro mesi prima rispetto ad altri areali. Bisogna inoltre sottolineare che i consumi di piccoli frutti nel Sud Italia stanno aumentando e anche questo potrebbe diventare un motore di sviluppo». 

La sfida dei grandi formati 

Secondo Sant’Orsola, cooperativa leader del settore, puntare sui grandi formati è una strategia vincente per incrementare il successo dei piccoli frutti sui mercati. Un’altra strategia efficace può essere lo studio di un assortimento per «missione d’acquisto»: il formato da 125 g come prova o acquisto d’impulso, per poi passare al 250-300 g. Lo storytelling in etichetta deve essere semplice: origine, varietà, gusto atteso ed esempi di ricette facili e veloci. Spazio poi al cross-merchandising con yogurt, cereali e pasticceria homemade. Infine, un ruolo centrale spetta all’educazione al consumo, da veicolare anche tramite QR code per proporre ricette e comunicare soprattutto con le famiglie. 

C’è ancora da lavorare sulla segmentazione 

Dai dati dell’Osservatorio piccoli frutti emerge una fotografia ancora polarizzata sul fronte della segmentazione del mercato. «L’89% delle referenze presenti sul mercato italiano nel 2024 erano classificate come standard e solo l’11% restante si suddivideva in modo pressoché equo tra linee premium, residuo zero e biologiche» spiega ancora Drahorad. Eppure, lo spazio non manca, come dimostrano i casi vincenti di alcuni player.  

Esempi virtuosi

Apofruit, ad esempio, sta dedicando attenzione sia alla linea premium Chicche di Natura che al biologico. «L’obiettivo è offrire un posizionamento distintivo, anche attraverso un packaging dedicato e riconoscibile» afferma Mirco Zanelli, direttore commerciale. «Il biologico rappresenta circa il 50% della nostra produzione di piccoli frutti, confermando una crescente attenzione da parte del mercato verso il segmento premium e sostenibile». 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 34/2025
Per i piccoli frutti è meglio puntare sui grandi formati
di A. Franceschini
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