Nettarine, a che punto siamo?

La peschicoltura italiana, ormai da decenni è afflitta da una crisi di mercato e di superfici; in termini di superficie infatti, le nettarine, nonostante siano considerate frutto innovativo per la specie, diminuiscono del 40%, rispetto al – 26% del pesco.
La flessione si è verificata soprattutto al Nord dove regioni storiche come Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto hanno avuto perdite di superficie di circa il 50%. Al Sud invece le superfici a nettarine hanno visto una diminuzione di circa il 25%.

In ogni caso, l’oscillazione delle produzioni nel corso degli anni non è sempre strettamente correlata alla diminuzione delle superfici coltivate, ma è riconducibile a eventi climatici che hanno fortemente condizionato la potenzialità produttiva di interi areali nazionali.

Agli eventi climatici riferibili a fenomeni accidentali (grandine, vento, forti piogge), si sono aggiunti andamenti climatici stagionali anomali e inconsueti, non scanditi e recepiti con la naturale sequenza del passato: inverno rigido, primavera tiepida, estate calda. Andamenti che non sempre hanno soddisfatto aspetti fisiologici delle coltivazioni come fabbisogno in freddo e caldo, induzione e differenziazione a fiore, rendendo le stesse coltivazioni più soggette a eventi climatici estremi quali ritorni di freddo.
Tale problematica è abbastanza attuale in quanto la continua ricerca del segmento di mercato più remunerativo, quale è ritenuto quello precoce, ha spinto a effettuare scelte varietali (varietà a basso fabbisogno in freddo), sistemi colturali (coltivazione forzata) e tecniche colturali (applicazione degli interruttori di dormienza) per raggiugere tale obiettivo.
Ma ciò non sempre è sufficiente a giustificare e dare una spiegazione a quanto annualmente si verifica nei nostri frutteti.

Il ruolo delle innovazioni varietali

Paradossalmente la crisi del settore peschicolo è esplosa nel momento in cui i vari programmi di breeding mondiali hanno proposto innovazioni varietali di diverse tipologie e caratteristiche organolettiche, coltivabili in ogni ambiente di coltivazione, con una forte segmentazione dell’offerta, che si pensava potesse meglio esprimere le potenzialità delle singole cultivar ad essere apprezzate dai consumatori.

In tale contesto la qualità legata in senso stretto a territorialità, varietà vocate per i diversi areali e appropriate tecniche di raccolta e gestione a magazzino e vendita, possono costituire la strada da percorrere. La possibilità di coltivare in diversi areali, con cultivar adatte a specifiche situazioni pedoclimatiche, dovrebbe essere un valore aggiunto per le nostre produzioni. Potrebbe esserci una sorta di accordo commerciale fra le produzioni precoci e medie del Sud e quelle medio-tardive del Nord; spesso capita infatti di avere produzioni precoci al Settentrione, che si trovano sul mercato con le produzioni medie del Sud che indiscutibilmente hanno un valore organolettico superiore.

Modulare le produzioni dei diversi areali potrebbe essere un primo approccio verso una migliore collocazione commerciale del prodotto, evitando fin dove sia possibile l’accavallamento delle produzioni. La scelta varietale rimane ovviamente il punto chiave del successo di ogni coltura, per cui anche per le nettarine risulta determinante. Rimane ancora attuale, e purtroppo non del tutto compiuta, la creazione a livello commerciale di gamme varietali distinte per tipologia gustativa.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 4/2021
Nettarine: variare la gamma per evitare la crisi
di C. Mennone
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