Le varietà di albicocche adatte ai nuovi impianti

Albicocco_Alissa

In Italia l’albicocco si coltiva su una superficie di oltre 20.000 ha, stabile negli ultimi anni, e concentrata per circa un 60% nell’Italia Meridionale, nelle regioni a vocazione storica come Campania e Basilicata, oltre che in espansione in areali non tradizionali come Puglia e Sicilia.

Al Nord l’Emilia-Romagna è la prima regione per superficie coltivata, con superfici in aumento soprattutto negli areali ove oggi è in forte crisi il pesco, seguita da Piemonte e Veneto, con superfici nettamente inferiori (meno di 1.000 ha ciascuna).

La diffusione di questa specie è stata incentivata negli ultimi 15-20 anni dal forte impulso innovativo portato dall’immissione di nuove introduzioni varietali, derivate da vari progetti di breeding a livello mondiale, principalmente in forma privata, ma proposte anche da Enti pubblici o da programmi di miglioramento in forme miste (pubblico-privato).

L’evoluzione degli standard commerciali è stata innanzitutto a livello estetico, con il passaggio da frutti di colorazione di fondo giallo o arancio intenso senza sovracolore, a varietà a frutto aranciato e sfumato di rosso più o meno esteso (il cosidetto «blush»); i precursori di questo percorso sono state le varietà Pinkcot®, Robada* e Kioto*, oggi ritenute oramai datate, ma giova ricordare come siano state introdotte da circa 20 anni.

Ai giorni nostri si è arrivati a parlare di «frutti rossi», cioè totalmente sovracolorati di rosso scuro su fondo aranciato appena visibile.

Le aspettative del mondo produttivo, tecnico e commerciale, sono molto alte per questo segmento. Rispetto all’epoca di raccolta e commercializzazione del prodotto, grazie all’introduzione di varietà extraprecoci, precoci, tardive ed extratardive, da coltivarsi negli opportuni areali e con le appropriate tecniche, questa può oggi estendersi da fine aprile a inizio settembre, ovviamente considerando i diversi areali produttivi; con le cultivar extraprecoci ovviamente più diffuse nelle regioni meridionali, oppure nelle aree collinari vocate del Centro-Nord, e le medio-tardive più adatte alle aree del Nord, in pianura, anche in sostituzione di terreni storicamente vocati per il pesco.

Altre innovazioni sono state introdotte rispetto ai caratteri organolettici relativi all’acidità della polpa, che in talune varietà oggi è a livello medio-basso, non paragonabile alle più tradizionali cultivar acidule; Orange Rubis® e Petra® sono le varietà che oggi più si distinguono per sapore dolce a bassa acidità, molto vantaggioso anche in epoca di raccolta che può quindi essere leggermente anticipata (non troppo), proponendo ai consumatori frutti di buon sapore, non acido.

Anche la consistenza del frutto è notevolmente migliorata, purtroppo però non sempre accompagnata da qualità generale del frutto elevata; per quanto riguarda poi le resistenze, l’albicocco presenta nel proprio corredo genetico il carattere di «resistenza alla Sharka», per cui molte nuove introduzioni presentano anche questo prezioso carattere.

Gli ideotipi delle nuove introduzioni varietali, per l’albicocco, fanno capo ai seguenti prerequisiti, oltre alle due caratteristiche appena citate: pianta di facile gestione, non troppo vigorosa, con frutti a colorazione di fondo aranciata e faccetta rossa ben estesa, con polpa spicca e soda, consistente e succosa, dal sapore dolce e aromatico.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 25/2020
Le varietà di albicocche adatte ai nuovi impianti
di S. Foschi
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