Copertura del suolo, strategia vincente in oliveto

Studi e ricerche pluriennali evidenziano che negli oliveti l’inerbimento aumenta gli stock e le frazioni protette di carbonio organico del suolo e migliora l’infiltrazione dell’acqua. Coperture ben gestite trasformano eventi piovosi intensi in minori flussi di sedimento e carbonio associato, mentre la lavorazione espone il suolo a perdite idriche acute nelle finestre autunno-invernali. Proprio per questo cover crops e gestione del cotico sono da considerare un’«infrastruttura» del sistema e non una misura accessoria nel disegnare un quadro di adattamento climatico per l’oliveto, collocando coperture e ammendanti tra gli assi portanti che costruiscono resilienza idrica e biologica del suolo 

Come gestire il cotico erboso 

La competizione idrica del cotico è modulata dallo stato fenologico delle piante; anticipare lo sfalcio o la terminazione prima delle fasi sensibili consente di trattenere i benefici ecosistemici delle coperture minimizzando l’interferenza idrica, con guadagni netti su fisiologia e produttività in annate siccitose. 

Pacciamatura organica e sintetica a confronto 

Negli impianti ad alta e altissima densità alcuni studi hanno evidenziato che la sansa denocciolata disoleata (DOP), distribuita come pacciamante organico, ha fornito carbonio fresco al microbioma e ha raddoppiato il potassio disponibile del suolo rispetto al Controllo e ad altri materiali, pur degradando più rapidamente. Inoltre, quando lo strato è rimasto integro, al secondo anno ha migliorato conduttanza stomatica, assimilazione netta ed efficienza d’uso dell’acqua fogliare, senza penalizzare crescita e resa (numero di frutti, percentuale d’olio). 

Altri studi rilevano che alcune tipologie di tessuti sintetici traspiranti (TNT e PEN) disposti lungo la fila garantiscono miglior controllo delle infestanti, maggiore spinta e anticipo dell’entrata in produzione rispetto alla sarchiatura periodica.  

Integrare non lavorazione, inerbimento e pacciamature

In sintesi, la non lavorazione, integrata con inerbimento gestito e pacciamature mirate, è la scelta tecnica che meglio coniuga mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: limita erosione e perdite di carbonio, migliora la ritenzione idrica e stabilizza la fertilità, rendendo l’agroecosistema più resiliente a ondate di calore, siccità e piogge estreme. 

 Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 31/2025
La resilienza dell’oliveto parte dalla gestione del suolo 
di T. Vatrano
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