La prevenzione in campo contro la moniliosi del pesco

moniliosi del pesco

Tra le avversità biotiche di natura fungina che i produttori di pesche e nettarine devono affrontare, gli agenti causali del marciume bruno riconducibili a Monilinia spp. restano una priorità.

L’evoluzione che sta avvenendo nella gran parte degli areali peschicoli italiani ed europei, relativa alla diffusione delle diverse specie di Monilinia, attesta una presenza di M. fructicola generalizzata e spesso preponderante rispetto a M. laxa e M. fructigena. Le azioni di lotta e prevenzione dovrebbero tener maggiormente conto di questa evoluzione, debitamente supportate sia dalla ricerca sia dalla sperimentazione.

Le diverse specie di Monilinia spp. hanno un’elevata capacità riproduttiva, un’ampia adattabilità alle varie condizioni ambientali e una spiccata attitudine a sviluppare infezioni su una vasta gamma di piante ospiti e su organi differenti (fiori, frutticini, frutti, ecc.). Il profilo che se ne trae è quello di patogeni con costanti potenzialità di contaminazione e infezione, difficilmente riconducibili nell’ambito di modelli previsionali.

In questo contesto di spiccata patogenicità M. fructicola presenta elementi di ulteriore aggressività in relazione alla capacità riproduttiva, all’ampia adattabilità a condizioni termiche più sostenute e alla propensione ad acquisire resistenze ai fungicidi. Ciò lascia ipotizzare che anche la risposta e lo spettro di sensibilità alle sostanze attive attualmente impiegate possa avere subìto mutamenti (Efsa).

Il bilancio che restituisce la cifra complessiva delle perdite dovute al marciume bruno è la conseguenza di una serie di fattori agronomici, colturali e tecnici ma anche di competenza gestionale, operativa del post-raccolta e commerciali. Ciò significa che i contributi per comprimere le perdite vanno realizzati a partire dalla fase di coltivazione e proseguiti con una corretta gestione del prodotto in post-raccolta.

La prevenzione in campo

In fase di coltivazione il problema della prevenzione va affrontato con coerenza, affidando alla profilassi chimica un ruolo determinante, senza tuttavia trascurare una serie di buone pratiche che nel complesso possono condizionare l’ambiente di coltivazione sfavorendo il patogeno.

Corrette pratiche agronomiche per limitare la suscettibilità

Appropriate forme di allevamento, adeguate potature (anche verdi), giusta esposizione dei filari, adatti sesti di impianto possono contribuire a intercettare più luce, creare minori ristagni di umidità, ridurre i periodi di bagnatura.

La corretta gestione dell’inerbimento, irrigazioni localizzate, misurati apporti di azoto con il supporto di microelementi, come il calcio nella nutrizione minerale, non solo rendono l’ambiente di coltivazione sfavorevole al patogeno, ma contribuiscono allo sviluppo di frutti meno sensibili.

Riduzione delle fonti di inoculo

La prevenzione passa anche attraverso la riduzione delle fonti di inoculo, sia previa rimozione delle mummie dei frutti infettati sia portando a termine quanto prima il diradamento di questi, evitando se possibile di lasciarli sul terreno.

La questione inerente alle fonti di inoculo sia primarie sia secondarie, la vitalità di queste e dei relativi propaguli, la contaminazione degli organi sensibili, la latenza e il processo infettivo che segue sono state oggetto negli ultimi anni di numerosi approfondimenti scientifici. In modo particolare sono state indagate alcune questioni legate alla natura delle fonti di inoculo primario (micelio fungino e conidi), alle matrici vegetali che li supportano (frutti mummificati, rami fruttiferi sintomatici e necrotici), alla vitalità di questi propaguli e alle condizioni agronomiche e climatiche che li influenzano.

La presenza di inoculo primario ma ancor più secondario dal punto di vista epidemiologico si esprime esercitando una pressione sugli organi sensibili (frutti). La densità dei propaguli che possono contaminare la superficie dei frutti è stata esaminata, correlandola al fenomeno della latenza delle infezioni, di come questa insorga in relazione alla fase fenologica e di come il tutto si traduca in una maggiore incidenza di marciumi in post-raccolta. L’insieme di questi approfondimenti propone interessanti spunti operativi nell’attuazione di una profilassi chimica più mirata, tuttavia non possiamo ignorare che permangono diversi elementi di incertezza.

Monitoraggio delle specie presenti

Il monitoraggio dell’inoculo di specie fungine spiccatamente polivoltine e polifaghe quali Monilinia spp. non può che avere carattere puntuale, difficilmente estrapolabile alle molteplici condizioni agronomiche, colturali e ambientali.

Ulteriori elementi di forte variabilità nel condizionare l’aggressività di questi patogeni sono insiti nella suscettibilità varietale, nell’integrità degli organi recettivi, nelle condizioni climatiche, bagnatura, umidità e temperatura in primis.

Tutto ciò estende il margine di rischiosità riconducibile ai marciumi da Monilinia spp. e impedisce di tradurre agevolmente in azioni concrete (individuazione della necessità di intervento chimico e relativo timing) le acquisizioni scientifiche in materia epidemiologica.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 24/2016
Difesa in pre e post-raccolta contro la moniliosi del pesco
di G. Ceredi, M. Mari
L’articolo completo è disponibile anche su Rivista Digitale