Biostimolanti: conoscerli per utilizzarli al meglio

Il 2022 sarà un anno cruciale per il comparto dei biostimolanti, tra meno di due anni infatti entrerà in vigore il nuovo regolamento europeo sui fertilizzanti che normerà la categoria di questi prodotti in modo uguale per tutti i 27 Paesi UE.
Nel frattempo, la Ricerca è al lavoro per testare e capire i meccanismi che regolano l’azione di questi prodotti, che, ricordiamo, stimolano i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal tenore dei nutrienti, migliorando la tolleranza agli stress abiotici, le caratteristiche qualitative e la disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera.
Queste tematiche sono state al centro di una partecipatissima Conferenza organizzato da Arptra (Associazione regionale pugliese dei tecnici e ricercatori in agricoltura) a Bari lo scorso 11 febbraio.

Gli step della normativa

Le 4 sessioni della giornata hanno infatti approfondito i vari aspetti dei biostimolanti, da quelli prettamente fisiologici a quelli, altrettanto complessi, normativi: «Stiamo lavorando agli standard produttivi dei biostimolanti – ha detto Benoit Planques, coordinatore del comitato Europeo per la standardizzazione CEN/TC 455 – Biostimolanti delle piante – e nei prossimi due anni svilupperemo le specifiche tecniche di conformità per poter ottenere il marchio CE. È una sfida molto impegnativa per gli esperti europei di biostimolanti – ha aggiunto Planques – un impegno mirato ad armonizzare, valutare e documentare i biostimolanti».

«La normativa rappresenta una grande opportunità di crescita alle aziende produttrici di biostimolanti, moltissime delle quali italiane – ha aggiunto Lorenzo Gallo, Presidente gruppo fertilizzanti specialistici di Assofertilizzanti-Federchimica – ma anche per gli agricoltori, che avranno a disposizione dei nuovi strumenti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulle colture e, aspetto altrettanto importante, migliorarne la qualità».

Il ruolo fondamentale della Ricerca

Altrettanto impegnativo è, e sarà, il lavoro della Ricerca, visto e considerato che i biostimolanti sono definiti sulla base dei loro effetti agronomici che, a loro volta, influenzano anche i mercati di riferimento: «sono prodotti molto complessi, caratterizzati dalla presenza di moltissime sostanze bioattive o consorzi microbici – ha sottolineato Giuseppe Colla del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia – è fondamentale la ricerca di campo, che approfondisca gli effetti sulle colture. Per questo – ha aggiunto Colla – è importante verificare che dietro ai prodotti che si utilizzano in azienda vi sia una adeguata ricerca che ne supporti gli obiettivi applicativi».

A sinistra, Giuseppe Colla e Youssef Rouphael durante la presentazione del libro “Biostimolanti per un’agricoltura sostenibile” edito da Edizioni L’Informatore Agrario.

«L’attività di consulenza in questo senso è molto importante – ha aggiunto Youssef Rouphael, del Dipartimento di agraria dell’Università di Napoli Federico II – perché la risposta di un biostimolante può variare secondo la specie della coltura e le condizioni ambientali di applicazione. È una combinazione di fattori che può influenzare molto la risposta del biostimolante sulle colture».

Formazione tecnica per gli operatori

«La risposta del pubblico a questo evento testimonia quanto i biostimolanti interessino il comparto produttivo agricolo ma anche quanto sia necessario fare formazione e approfondimento tecnico sul tema – ha evidenziato Vittorio Filì, presidente di Arptra. Oggi abbiamo visto i dati e le evidenze della Ricerca, il prossimo step sarà di discutere, con esperti, ricercatori e aziende del comparto, di biostimolanti “funzionali”, quelli cioè in grado di rispondere alle esigenze specifiche che alcune filiere hanno, ad esempio il cracking delle drupacee o la dormienza o ancora gli stress da caldo o da freddo nelle frutticole».

Lorenzo Andreotti

 

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