Ricerca sementiera: una sfida per l’Italia

Il percorso che porta dalla ricerca scientifica alle sementi commercializzabili ha bisogno di un forte sostegno da parte della Pubblica amministrazione. Giuseppe Carli, di fresca «rinomina» alla presidenza di Assosementi, sottolinea: «per la ricerca è essenziale adottare un approccio di co-progettazione tra pubblico e privato, che funga da moltiplicatore di valore.

Giuseppe Carli

Già oggi esiste un notevole lavoro di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato: il CREA e le nostre Università – poli di sapere, competenza e reputazione scientifica – sono molto ricettivi, riconoscono l’importanza di una ricerca “applicata”, cioè, focalizzata su soluzioni pratiche.
Tuttavia – continua Carli – questa sinergia è ostacolata dal cronico sottofinanziamento pubblico.
A tal riguardo, apprezziamo la volontà del ministro Francesco Lollobrigida di voler aumentare le dotazioni per la ricerca pubblica in agricoltura».

 

Burocrazia e normative

Oltre alla questione dei fondi, la lentezza delle normative e la burocrazia rappresentano due grandi ostacoli, che hanno impedito finora, ad esempio, di far chiarezza sulle Tecniche di evoluzione assistita (TEA), le nuove tecniche di miglioramento genetico che consentono di modificare, in maniera puntiforme e mirata, un gene già esistente nella specie, e quindi senza richiedere trasferimenti di geni tra specie diverse.
A dire il vero il problema non si pone solo in Italia.
«La sperimentazione sul campo – che attualmente è possibile attraverso decreti nazionali temporanei – ha bisogno urgentemente di un quadro normativo stabile a livello europeo», afferma Silvio Salvi, presidente della Società italiana di genetica agraria (Siga).
«A differenza del mondo anglosassone, dove l’acquisizione di innovazione avviene più rapidamente, nell’Unione europea si procede – osserva Salvi – con il freno tirato, ostacolando lo sviluppo e l’applicazione di strumenti che potrebbero essere rivoluzionari». Le conseguenze di questa situazione sono chiare.
Il presidente di Siga cita l’esempio del mais, dove eravamo autosufficienti fino a qualche decennio fa, con le rese per ettaro più alte a livello globale, e ora ci vede invece deficitari per più del 50% del fabbisogno, a causa della riduzione della competitività causata anche dal cambiamento climatico e dall’aumento della pressione di parassiti e malattie.
«Le TEA non rappresentano un salto nel buio, ma piuttosto un passo avanti significativo, anche se ostacolato e influenzato da preoccupazioni generalizzate e disinformazione nei confronti dell’“ingegneria genetica”.

Silvio Salvi

Ma perché avere paura di questa, quando esistono ingegnerie in altri settori come quello civile, medico e architettonico, aerospaziale?» si chiede Carli.
In generale per vedere una nuova varietà sviluppata con TEA sul mercato Salvi stima che ci vorranno circa 5 anni per le specie annuali, come cereali e ortaggi, e ben oltre i 5 anni per quelle arboree. Questi tempi tecnici non devono però scoraggiare. «Rimandare investimenti, coordinamento e decisioni normative significa – spiega il presidente di Siga – perdere opportunità fondamentali per la competitività e la sostenibilità dell’agricoltura italiana e del suo settore sementiero cruciale».

Aziende sementiere pronte a innovare

«Le nostre aziende sementiere sono pronte a fare la loro parte per l’innovazione nel settore primario – rimarca il presidente di Assosementi. Non sono solo le multinazionali a investire in ricerca, ma lo fanno tutte le aziende sementiere, ovviamente in base ai loro fatturati. Tuttavia, per tradurre concretamente i risultati della ricerca in pratica c’è bisogno di un impegno su più fronti: maggiori finanziamenti, un migliore coordinamento tra ricerca e filiera, il superamento dello scetticismo politico verso l’innovazione genetica.
Un Paese che sostiene la ricerca – aggiunge Carli – con norme adeguate e risposte certe, sta già investendo senza spendere un euro. È da apprezzare, in questo senso, l’impegno del Governo, il primo in Europa ad aver permesso la sperimentazione in campo delle TEA, nell’auspicio che l’Unione europea riesca a definire un quadro normativo omogeneo, volto a favorire lo sviluppo e la competitività dell’agricoltura». La conclusione del processo normativo a livello europeo sulle TEA è attesa nel semestre europeo di presidenza danese (luglio-dicembre 2025), visto come potenziale momento di svolta.
«Per guardare a un futuro migliore c’è bisogno di una alleanza stabile tra chi fa ricerca, chi produce e chi regola. Per questo vogliamo fare un forte richiamo alle istituzioni, sono loro a decidere se un’innovazione rimane in laboratorio oppure arriva nei campi».

Gabriele Erba