Cimatura in vigneto: esecuzione ed effetti

La cimatura è la pratica di potatura verde più comunemente utilizzata, grazie alla diffusione dei sistemi di allevamento meccanizzabili e alla contemporanea entrata in scena delle cimatrici meccaniche, che la rendono rapida e sostenibile sotto il profilo economico, anche in aziende con elevata estensione della superficie vitata.
Può perseguire scopi differenti in funzione del periodo in cui viene eseguita.

Contenere lo sviluppo

L’obiettivo primario per cui è stata concepita la cimatura è il contenimento del volume della vegetazione e la conseguente riduzione degli strati fogliari, in modo da mantenere condizioni microclimatiche all’interno della chioma, con riferimento alla penetrazione della luce e alla circolazione dell’aria, tali da non favorire lo sviluppo delle principali malattie crittogamiche e permettere, nel contempo, il corretto svolgimento del processo di maturazione dei grappoli.

È necessario tenere in considerazione che se la vite si presenta con un buon equilibrio vegeto-produttivo il ricorso alla cimatura è sostanzialmente limitato; tali condizioni si verificano quando la vite presenta naturalmente il giusto rapporto tra superficie fogliare fotosintetizzante e peso della produzione (1-1,5 m2/kg), e quando arresta spontaneamente la crescita dei germogli in concomitanza della fase fenologica dell’invaiatura.
Gli studi sulla fisiologia della vite e l’esperienza pratica hanno dimostrato ampiamente come siano da preferire gli interventi precoci e leggeri anziché quelli più tardivi e drastici.

Si parte in genere dalla post-fioritura, quando i germogli sporgono 40-45 cm dall’ultimo filo di contenimento della vegetazione e hanno ancora un portamento eretto, ovvero prima che si ripieghino e inizino a svilupparsi lungo il filare o verso il basso.
Trattandosi di un intervento precoce le femminelle che si svilupperanno a seguito della recisione dell’apice del germoglio avranno tutto il tempo di maturare, inoltre non si correranno rischi di scottature agli acini, appena formati.
Se il primo intervento viene viceversa effettuato tardivamente, oltre la metà di giugno, si provoca un immediato invecchiamento della chioma, dal momento che sono recise le foglie più giovani, le femminelle che si sviluppano hanno meno tempo per maturare e vi sono maggiori rischi di scottature agli acini, che dalle condizioni di ombra in cui si sono sviluppati vengono portati repentinamente sotto l’azione diretta dei raggi solari.
Nei contesti dove è maggiore il rischio di scottature può essere opportuno intervenire solo nel lato esposto a Nord, nel caso di filari con orientamento Est-Ovest.
In linea generale la cimatura deve lasciare 8-12 foglie dopo il grappolo, in modo da non creare situazioni di stress che possano compromettere il normale svolgimento del processo di maturazione.

Migliorare la maturazione

A causa dei cambiamenti climatici, che hanno portato ad avere temperature medie più elevate ed estati più siccitose, non di rado si è assistito a uno sfasamento tra maturazione tecnologica (°Brix, acidità totale, acido tartarico, acido malico e pH) e maturazione fenolica.
In pratica la concentrazione zuccherina tende a raggiungere i livelli che dovrebbe presentare alla vendemmia quando di fatto la bacca si presenta ancora acerba relativamente alle sostanze coloranti, ai tannini e alle sostanze aromatiche o loro precursori.

Per rallentare la maturazione tecnologica, e farla procedere di pari passo con quella fenolica, è possibile intervenire con una cimatura in concomitanza dell’inizio della fase fenologica di invaiatura. Questa tecnica, ancora oggetto di ricerca e sperimentazione, prevede che sia recisa la parte superiore della chioma, per circa 1/3 dell’altezza della parete, diminuendo di conseguenza l’attività fotosintetica.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite&Vino n. 3/2020
Cimatura: esecuzione ed effetti
di R. Castaldi
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