Turismo: 2020 nero, ma l’agriturismo resiste meglio

Le associazioni di settore lo avevano detto a più riprese: gli agriturismi, grazie alle piccole dimensioni ricettive e all’ampia disponibilità di spazi aperti, sono più sicuri di fronte all’emergenza sanitaria determinatasi con la pandemia da Covid-19. E la risposta dei turisti, secondo i dati Istat recentemente pubblicati, ha confermato: mentre la generalità delle imprese turistico-ricettive ha registrato, nel 2020, una pesante riduzione dei pernottamenti del 52%, per gli agriturismi la riduzione delle notti è stata sensibilmente inferiore, pari al 34%. Il risultato degli agriturismi, per quanto inevitabilmente negativo vista la pandemia, è stato il «meno peggiore» di tutti (come detto −34%), dove gli alberghi hanno segnato −56% e il complesso degli extralberghieri (di cui fanno parte anche gli agriturismi) −45%; per campeggi e villaggi turistici, che pure proponevano alcune condizioni favorevoli simili a quelle degli agriturismi, il decremento delle notti è stato del 44%.

A mancare, per tutti, sono stati principalmente gli ospiti stranieri (notti complessive −70%) rispetto agli italiani (−34%). Ma anche qui (stranieri) gli agriturismi hanno sofferto nettamente meno (−57%), mentre la flessione degli italiani è stata inferiore al 3%, dove il complesso degli extralberghieri ha segnato rispettivamente −65% (stranieri) e −24% (italiani).

Effetti sulla spesa per i prodotti tipici

Ma le ricadute dell’andamento del turismo sull’agricoltura non si fermano certo alla frequentazione delle aziende agrituristiche; sono ben più incisive per i consumi alimentari della generalità dei turisti, prevalentemente orientati su prodotti tipici del made in Italy agroalimentare, che incidono per circa un terzo sulla spesa turistica degli ospiti stranieri che visitano l’Italia. Questa spesa è stimata dalla Banca d’Italia: 44,3 miliardi di euro nel 2019, 17,3 miliardi di euro nel 2020 (−61%). Molto meno pesa la spesa dei turisti italiani che hanno viaggiato all’estero: 27,1 miliardi nel 2019, 9,6 miliardi nel 2020. Il bilancio (differenza fra spesa degli stranieri in Italia e spesa degli italiani all’estero) è passato da 17,2 miliardi del 2019, a 7,8 miliardi del 2020: −9,4 miliardi di euro che non hanno fatto certo bene alla nostra economia!

Cosa indicano questi dati? Innanzitutto che, alla prossima auspicabile ripresa del turismo, l’agriturismo si presenta con ottime potenzialità attrattive, avendo rappresentato nel 2019 circa il 3,2% dei pernottamenti turistici complessivi, poi saliti al 4,4% nel 2020. Per l’agriturismo la migliore performance registrata durante la pandemia, rispetto alle altre imprese turistico-ricettive, non appare un fatto episodico, ma una favorevole prospettiva destinata a proseguire, a prescindere dalla pandemia, grazie ai contenuti di qualità che l’ospitalità nelle aziende agricole è stata capace di consolidare nel tempo, e tanto più nel 2020.

Ma la promozione pubblica dell’agriturismo deve migliorare (vedi anche L’Informatore Agrario n. 20/2021, pag. 14). E inoltre perché, probabilmente, i turisti italiani, complice la pandemia, hanno «imparato» ad apprezzare maggiormente i viaggi in patria dove, accanto alla scoperta delle tradizionali mete culturali e paesaggistico-ambientali, sta notevolmente crescendo, nelle zone agricole, l’offerta di enoturismo, olioturismo ed esperienze comunque legate alle produzioni tipiche e all’enogastronomia, che in definitiva è una ulteriore articolazione del progresso dell’agriturismo. D’altra parte, queste «novità» non mancano di coinvolgere anche i turisti stranieri, che nel 2019, prima della pandemia, rappresentavano il 58% delle presenze negli agriturismi, contro il 50% nel complesso delle imprese turistiche.

 

Articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 23/2021
Turismo: 2020 nero, ma l’agriturismo resiste meglio
di G. Lo Surdo